La guerra alla pandemia dell’uomo capitalistico

C’è da fare una premessa e mi scuserà il lettore se è un po’ lunga. Perchè quando si parla di “guerra alla pandemia”, i rapporti oggettivi prodotti dai complessivi rapporti di produzione capitalistici sono essi stessi a determinare se il proletariato puó o non puó sottrarsi dal partecipare alla guerra quale essa sia, guerra al virus o guerra tra gli uomini. I fattori conseguenti anche dei rapporti di forza tra la classe umana degli sfruttati proletaria e dei lavoratori della terra, di contro a quella della classe degli sfuttatori (piegati alle necessità impersonali del modo di produzione capitalistico) delineano la possibilità di rompere la guerra alle sue radici definitivamente, o nell’impossibilità di farlo, accodarsi al male minore, ossia rendere la guerra il più breve possibile, ma senza intaccarne definitivamente le cause a monte che le originano.


IL PROLETARIATO DI FRONTE ALLA GUERRA TRA UOMINI E STATI IMPERIALISTI.


Anche se la maggior parte di noi non ha vissuto la guerra (ma molti immigrati e molti sfruttati dell’Africa, Nord Africa, Medio Oriente ed Afghanistan la continuano a vivere quotidianamente), il ricordo storico ci narra che durante il secondo conflitto mondiale la sera si spegnevano le luci, si attuava il coprifuoco salvifico, si rimaneva chiusi in casa al buio o nei rifugi. Lo Stato imperialista, impegnato nel macello di uomini e donne, attuava questa politica di protezione della popolazione civile. Gli uomini, le donne ed i bambini del tempo, ritenevano queste misure il male minore o il massimo possibile per proteggere le vite umane dalle conseguenze dei bombardamenti delle città. I lavoratori e le lavoratrici accettarano per lungo pezzo questa strategia degli Stati come unica possibile per limitare gli effetti e le conseguenze del macello tra gli Stati Imperialisti schierati in due fronti contrapposti.

Non era e non fu possibile sottrarsi, se fermare la guerra è impossibile, se i proletari di tutti i paesi non possono insorgere per fermarla e per spezzare le catene del militarismo imperialista attraverso la forza proletaria, ecco che di fronte alle bombe che continuano a cadere dal cielo, la scelta più “saggia” era quella di seguire le indicazioni e gli ordini dello Stato per tutelare la vita di tutti.
Ancor di più, sperando che la guerra potesse finire presto, affinchè essa potesse finire il prima possibile era convinzione comune, anche tra i lavoratori, che uno dei fronti imperialisti avrebbe dovuto prevale sull’altro, vincere la guerra. Ma se uno dei due fronti ogni notte mi sgancia le bombe sulle case, se dovesse vincere il fronte contrapposto a quello del mio Stato è molto probabile che non sarà tenero poi con noi, soprattutto con noi proletari, nell’immediato dopo guerra.

Questa fu la cruda realtà dei fatti, dove nell’impossibilità dei proletari al fronte di tutti i paesi di rivolgere le armi contro i propri comandi militari, essi si strinsero dietro le proprie divise. I proletari e le proletarie non al fronte, per sostenere il male minore o il massimo risultato utile, si impegnarono nella produzione nelle fabbriche affinchè i figli o i fratelli in trincea potessero ricevere i necessari rifornimenti di guerra, resistere più a lungo possibile sulle linee al fronte e nel caso avanzare e magari vincere. Ogni successo nelle battaglie di guerra veniva percepita una possibilità in più in cui la guerra potesse essere più breve.

Dietro ogni compattamento sciovinista e nazionalista delle grandi masse proletarie al carro del proprio imperialismo, prima ancora di una scelta ideologica o etica, vi è la realtà oggettiva: se la guerra imperialista non puó essere spezzata dalla rivolta a dalla rivoluzione proletaria, allora non c’è che da sperare e fare in direzione del male minore ma necessario: che vincano i nostri.

C’è da aggiungere che verso il finire del secondo conflitto mondiale imperialista alcune ma significative defezioni e renitenze in entrambi i fronti avvennero.
In particolare nei paesi dominati dal colonialismo imperialista con reazioni di massa proletarie ed anche armate (Algeria, Tunisia, Iran e Medio Oriente) ma chi lo fece venne represso e tacciato agli occhi dei proletari dei paesi dominatori come filo nazisti). Ci furono più ore di sciopero per questioni economiche di dettaglio nella Germania nazista, che nel fronte democratico e “soviettista”.
La stessa sorte accadde nel 1943 ai proletari neri di Detroit e di New York anche essi additati come pro Hitler e contro gli interessi della classe operaia impegnata in fabbrica ed al fronte per la vittoria dello schieramento democratico e “soviettista”. Lo stalinismo fece in maniera egregia la sua parte, esprimendo l’istinto del proletariato e convogliandolo nella partecipazione attiva alla coda del fronte imperialista democratico. Se per assurdità lo stalinismo non fosse esistito come espressione del posizionamento del proletariato internazionale alla speranza e partecipazione del male minore per fermare la guerra (ossia continuarla fino alla vittoria), questo annichilimento purtoppo esisteva già a prescindere dallo Stalinismo. Il proletariato agisce e si muove all’interno di determinazioni oggettive e di rapporti generali.

L’Italia fu l’esempio più lampante. Alla caduta di Mussolini partirono gli scioperi spontenei nelle fabbriche del Nord. Ma questo moto spontaneo – per deficit di una renitenza generale ed insoburdinazione generale su tutti i fronti di guerra contrapposti – venne confluito ancora una volta nella attivizzazione nella continuazione della guerra ma ora dietro un altro fronte imperialista di Occidente ed Oriente, perchè rimase invariata la condizione oggettiva di partenza. E l’unico modo possibile per proteggersi dalle conseguenze della guerra rimase inevitabilmente “che vincano i nostri e al più presto”. Il mito della Resistenza e della lotta partigiana, che altro non fu una forma diversa della stessa attitudine di partenza su come il proletariato venne schiacciato nella sua consegna utile alla guerra imperialista.

Perchè ho fatto questa lunga introduzione? Perchè oggi i proletari e gli sfruttati di tutto il mondo si confrontano alla stessa maniera nella guerra attuale. La guerra alla Pandemia, siamo in guerra contro la natura.


IL PROLETARIATO NELLA GUERRA DELL’UOMO CAPITALISTICO CON LA NATURA.


A differenza della seconda guerra mondiale dove entrambi i fronti erano fronti aggressori ed entrambi macellai delle povere carni umane (“soviettisti” inclusi), la guerra con la Natura ha un solo aggressore e vi è un solo aggredito. L’aggressore è l’uomo e l’insieme dei rapporti di produzione capitalistici cui esso è sottomesso (sia come classe sfruttatrice che come classe sfruttata) e che sta saccheggiando da almeno due secoli la natura, distruggendo la risorsa essenziale per la riproduzione della vita dell’uomo, del mondo animale, vegetale e microbiologico. Il capitalismo non la tratta per il suo valore d’uso ma ne ha fatto una merce da comprimere e violentare come capitale fisso per la sua accumulazione di plusvalore.
La natura è l’entità aggredita, cui l’uomo ha mosso guerra, e come ogni essere vegetale o animale di fronte alla aggressione esterna cerca di proteggersi, reagisce: maremoti, incendi biblici, giacciate invernali impreviste, surriscaldamento e conseguenti uragani di sempre maggiore potenza, scioglimento dei ghiacciai che possono rilasciare microorganismi congelati centinaia di migliaia di anni fa. Ed infine il virus, anzi i nuovi virus che si sono determinati negli ultimi 20 anni a decine, a centinaia.

Abbiamo riempito la crosta terrestre ed i mari con la merda prodotta dall’uomo capitalistico. Mentre in Florida a Piney Point si è rischiata una carastrofe di inquinamento dell’ambiente dove l’uomo cammina, perchè la merda di fosfogesso (600 milioni di barili pieni di un residuo tossico ed anche con cariche radioattive) stava inondando i bacini e le campagne uscendo fuori dai condotti di scolo di una vecchia miniera, come male minore si è scelto di pompare via questa acqua tossica, sicuramente letale per la vita vegetale, animale terrestre e marina, e scaricarla nel mare della baia di Tampa Bay ossia nella baia che si immette poi nel mar dei caraibi e nel golfo del Messico.
È di questi giorni la notizia che la centrale nucleare di Fukushima, che esplose qualche anno fa in conseguenza del doppio evento terremoto e maremoto, lo stesso tipo di acqua merdosa viene pompata fuori e gettata nell’oceano pacifico.

Mentre la nostra guerra alla natura continua senza sosta con soluzioni che non fanno altro che farla incazzare ancora di più contro l’uomo capitalistico, alla stessa stregua il capitalismo conduce la guerra alla pandemia, la guerra al Virus.

Un esperto biologo potrebbe spiegarci che uno ecosistema naturale quando è improvvisamente aggredito da elementi patogeni alieni mette in campo le contro misure. Funziona così negli organismi vegetali, animali e microcellulari. In questo senso il virus è l’elemento esterno patogeno che il nostro ecosistema organico, scolpito nella dura pietra da millenni e secoli di interazione pacifica tra l’uomo e la natura, non riesce per le “vie naturali” a contrastare.
Ma dal punto di vista della improvvisa e non dichiarata guerra d’aggressione dell’uomo capitalistico alla natura, per essa siamo noi l’elemento patogeno esterno da contrastare con le dure contromisure possibili e nel caso anche a sopprimerlo.


Il virus Sars-Cov-2 è solo l’ultimo prodotto dalla controreazione della natura che ci incalza per difendere se stessa, ed altri centinaia – dicono gli esperti scienziati – già pronti a compiere quel salto zoonotico da specie naturale ad animale ed infine all’uomo. È una reazione più che preannunciata quando ad Hong Kong un bambino morì a causa di un coronavirus del pipistrello nel 1997.


Ma l’uomo capitalistico pena la manomissione profonda dei rapporti di produzione capitalistica, affida alla scienza borghese di metterci una pezza, perchè è il male minore, mentra la soluzione eliminando la causa prima comporta sbarccare questo sistema di produzione putrescente e corre verso un disastroso collasso. Come nelle guerre tra uomini, invece di spezzare le catene del macello imperialista con una sollevazione ed insubordinazione dei proletari e degli sfruttati di tutti i paesi, il diktat era di eseguire obbedienti l’nteresse generale: coprifuoco e luci spente di notte; ordinati, produttivi nelle fabbriche, perchè sostenere la guerra e vincerla era il modo, il male minore, per renderla più breve e nell’interesse generale di tutti.

Che importanza ha se nelle fabbriche si producevano bombe, cannoni, proiettili e granate se questo poi serve ad abbrieviare gli anni di guerra limitando così le sue conseguenze in termini di vite umane e povertà?


Sono anni che dal Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio che vengono abbattuti centinaia di migliaia di polli e tacchino da allevamento.


https://www.izsvenezie.it/temi/malattie-patogeni/influenza-aviaria/situazione-epidemiologica-hpai/
http://www.salute.gov.it/relazioneAnnuale2017/stampaDettaglioRA2017.jsp?id=1973

Certamente i virus dell’aviaria codificati in H7N7, H5N8, H5 differiscono dai coronavirus originariamente presenti nei pipistrelli, che notoriamente non è un volatile ma è un mammifero. Ma quegli stessi virus cosiddetti dell’aviaria sono stati capaci di innescare il salto nell’uomo specialmente in anni recenti in America Latina ed Asia.

Certo il virus della pandemia della Spagnola del 1918-1920 fece il salto all’uomo da un allevamento di bovini o maiali del Kentaky negli Stati Uniti. Ma c’è dire che a fine ‘800 ci fu la più grande pandemia bovina che trasformó completamente l’Africa dal Sud Africa fino all’Eritrea. Laura Spinney ci spiega il diretto collegamento tra quella peste virale bovina e poi la Spagnola.


Nessuna scienza borghese intende studiare tutto questo perchè le necessità dell’accumulazione capitalistica di stuprare la natura ed il mondo animale negli allevamenti capitalistici non lo consente. Predispone quello che viene presentato agli allevatori come il male minore nell’interesse generale (di sua maestà il capitale ed il suo profitto) ed ogni anno dalle regioni sopra elencate centinaia di migliaia di volatili da allevamento vengono soppressi (300000 solo in Italia). Nessuno scienziato studia seriamente questo fenomeno, se questi virus aviari vengono trasmessi dai volatili selvatici ai polli, attraverso l’acqua o altro. Se i polli infetti fossero da cortile potrebbe sempre finirgli in testa una cacca di un uccello selvatico. Ma come succede per le centinaia di migliaia di polli e galline rinchiuse nelle loro gabbie e dentro i capannoni? E soprattutto come avviene la trasmissione dei virus aviari da una azienda di allevamento intensivo di pollame ad un’altra distante 20 Km? Per una cacca dall’alto di rimbalzo?

Queste aziende si trovano tutte vicino a bacini idrici stagnanti che potrebbero fungere da vettore di trasmissione del virus. Sono questi già infettati dalla solita cacca dall’alto o è lo stesso pollo che beve quell’acqua e poi le sue feci a tonnellate vengono riversate in quello stesso bacino a far scattare una reazione a catena?

Non c’è studio scientifico e della medicina veterinaria con adeguate risorse in campo che seriamente indaga. Il capitalismo affida come cura per i polli e come guerra al virus che aggredisce i polli le stesse misure offerte ora agli uomini sotto scacco dal virus del pipistrello. Ogni anno si affidano alle unità veterinarie gli strumenti per campionare i volatili da allevamento. Se un focolaio di qualche HNxx virus è individuato, oltre alla mattanza, si apprestano zone di confinamento tra azienda ed azienda. Sappiamo peró che il pollo X della azienda X non potrà mai venire in contatto con il pollo Y rinchiuso nella sua gabbia all’interno della azienda Y, ma il virus arriva anche all’interno dell’unità produttiva Y.


I polli per non ammalarsi e salvarsi la pelle dovrebbero rivoltarsi, spezzare le gabbie e rifiutarsi di essere stuprati per il profitto.

Ma i polli non sono uomini e poi a chi non piace una grassa coscia di pollo piena dei peggiori antibiotici? Il male minore per i polli è anche il male minore per l’uomo capitalistico (sfruttatori e sfruttati) con una unica differenza: che gli uomini sfruttati dal capitalismo, i proletari, sempre per il male minore, cominciano ad assomigliare ai polli.


Inoltre l’allevamento intensivo dei polli pompati con cortisoidi serve a farli crescere più velocemente e renderli pronti alla macellazione. Con esso non solo si aumenta la produttività e la quantità di capitale fisso e dunque si tiene alto il saggio del plusvalore. Ma il prezzo unitario della merce pollo è più basso, perchè la quantità di lavoro sociale necessario per renderlo bello e pronto è minore. Il pollo nel dopoguerra era carne prelibata, i proletari mangiavano carne di cavallo molto spesso. Ora se dovessimo nutrirci tutti i giorni di quelle cosce di pollo (se questo cibo insostenibile non ci ammazzasse prima), di sicuro il nostro salario si abbassa, perchè la quantità di lavoro sociale necessario per la riproduzione della forza lavoro si abbassa.

Questo è un concetto ben chiaro in Marx. Certamente la concorrenza tra proletari occupati e l’esercito industriale di riserva tende a far abbassere il salario medio. Ma con quanto lavoro sociale si sfamano le bocche proletarie e le bocche dei lavoratori diretti della terra e dei braccianti sono i fattori di lungo periodo che determinano la compressione del salario operaio. Marx annota che l’espansione estensiva della coltivazione della patata tra il 1770 ed il 1860 fu uno degli aspetti di lungo periodo della compressione dei salari. Il povero tubero facile da coltivare e più economico di cereali e verdure divenne l’alimento base per i proletari ed i contadini ancora asserviti dal latifondo o dal feudalesimo in Russia.

Allora sta nelle logiche e nelle leggi impersonali di un modo di produzione che è in se anarchico che i virus dell’aviara continueranno a rappresentare un potenziale deflagrante per altre pandemie e con le cause di esso anche i salari medi proletari saranno compressi.

Ma il pollo piace e assai. A questo fa da contraltare che almeno 40 milioni di americani degli Stati Uniti sfamano le loro bocche proletarie con i menù ad 1$ dai vari KFc, Tacos, Burger Kind e McDonald. E c’è da aggiungere che queste catene industriali si appropriano direttamente o finaziariamente di larghissime aree agricole e di allevamenti intensivi di polli, tacchini, maiali e bovini. La cui concorrenza tra loro spinge i lavoratori diretti della terra a produzioni sottocosto. E poi i salari degli operai che stanno alla fine di questo processo complessivo dell’accumulazione capitalistica (i lavoratori di queste catene) percepiscono le peggiori paghe orarie ben al di sotto del limite stabilito dalle leggi federali degli Stati Uniti D’America: 5 dollari l’ora.


Tutto questo è un quotidiano stupro continuo degli animali, dei campi, dei corsi d’acqua, dei fiumi e dei laghi, dei mari e dei pesci.

Si stupra la terra scavando nella roccia per estrarre i metalli ed i minerali rari indispensabili alla “green economy” e all’industria digitale. Ma questo scavare porta fuori nell’ambiente centinaia di tonnellate di roccia con la carica atomica instabile per ricavare un 1 kg di litio.

La natura intorno si incazza e reagisce.
Ad oggi esiste un proletariato mondiale capace o con la forza di affrontare tutti gli anelli della catena fino al suo anello ultimo quando deve confrontarsi nella guerra alla pandemia che significa spezzare la guerra capitalista alla natura?


Cerchiamo di essere onesti. La guerra alla pandemia impostata degli Stati e dei Governi secondo le necessità impersonali della accumulazione capitalista è stata capace di mettere la sordina a un primo momento di critica del sistema rappresentato dai vari scioperi sul climate change movement in Nord America.

Negli Stati Uniti, e non è un caso, le iniziative hanno visto coinvolti lavoratori e lavoratrici, sicuramente con tanti limiti. Ma lì le cose sono più evidenti che si va verso la catastrofe e qualcosa andrebbe fatto. Viceversa proprio i più fedeli alla linea accademica del marxismo hanno da un lato pontificato con le loro vocine nasali “che l’origine dei mali è il capitalismo”.

Grazie al cazzo, mi si consenta! Credo che chi si è mobilitato questa lapalissiana evidenza l’avesse chiara. Ma non ha avuto e non ha al momento la capacità di abbozzare una stretegia di lotta oltre le rituali marce, proprio perchè la mobilitazione ha rigurdato settori ultraminoritari del proletariato.

Gli stessi accademici marxisti-dal-naso-tappato di lì e di qui, davvero gonfi di opportunismo nutrito da cicli di vacche grasse – hanno occhieggiato all’attuale e temporanea sottomissione della maggior parte del proletariato, che preferisce accontentarsi dei menu ad 1$, e dunque si – suo malgrado – si accoda alla forza capitalista nel continuare la sua guerra interminabile alla natura.

Come hanno “occhieggiato”?

Hanno tacciato genericamente quelle mobilitazioni di essere “piccolo borghesi” invece di intravedere timidi spiragli di diserzione. Anch’essi si sono concentrati nel descrivere l’inconsapevole Greta al soldo di certe potenti multinazionali finanziare.


QUESTA GUERRA ALLA PANDEMIA E COME IL PROLETARIATO SI ORIENTA.

Tutti i governi, Cina inclusa, di fronte alle avvisaglie hanno minimizzato, abbiamo una sanità all’avanguardia, criticato le cassandre della sanità, così ha fatto il ministro Speranza, il Presidente del Consiglio Conte, Di Maio, Salvini e Zingaretti.

I padroni Bergamaschi fecero un video per tranquillizzare i propri partener Europei: Bergamo is running.

Il medico Cinese Li Wenliang oftalmologo mentre ricevevs dai suoi colleghi notizie di un numero crescente di strane e letali malattie polmonari durante tutto il mese di dicembre, le autorità di Wuhan e dell’Hubei predicavano calma e vietarono ai medici dei reparti di pneumologia di indossare le mascherine per evitare di creare panico ingiustificato.

Già immaginavano o una epidemia di Sars o di un virus della famiglia dei coronavirus sconosciuto.
C’è voluto l’urlo di Munch del dottor Li, degli infermieri, medici in prima linea e dei lavoratori della sanità, affinchè i governi prendessero seriamente in considerazione la situazione.


I governi Occidentali a questo punto a conoscenza dei fatti reali, per lo meno dall’11 gennaio hanno continuato a minimizzare, qui avremo zero casi, con i padroni del vapore a fregarsi le mani per il lockdown totale di tutte le produzioni del concorrente Cinese: la produzione della componentistica cinese passerà nelle nostre mani.


C’è voluto un secondo urlo di Munch dagli ospedali della Lombardia e dal Veneto. Un urlo pieno di rabbia: basta fermate il carosello capitalistico, la salute delle persone viene prima dell’economia.


In questo grido c’è tutta l’istintiva necessità di fermare l’economia che è una guerra totale alla natura.


Una crepa si è aperta nella supremazia del capitalismo che racconta che lo sviluppo della accumulazione capitalista allunga la vita, cura le malattie, insomma capitalismo e salute dell’uomo sono perfettamente compatibili.


Bisogna ammettere, che questo crinale è stato velocemente riassorbito.

L’urlo è rimasto isolato ai lavoratori della sanità. Non è stato ripreso da altri lavoratori attraverso una immediata mobilitazione a sostegno.
Alcuni scioperi spontanei in alcune fabbriche metalmeccaniche e nei magazzini della logistica si sono dati ed anche uno sciopero generale è stato minacciato e poi ritirato. Questi scioperi notavano che dietro l’obbligo di chiusura delle attività produttive c’erano tante falle. Ma nella impossibilità della generalizzazione di questi iniziali scioperi, di fatto dalle fabbriche alla logistica si accettarono le linee guida del governo (del potere dell’economia)

In sostanza i lavoratori hanno accettato la dura necessità che la produzione capitalistica doveva continuare, chiedendo al governo migliori protocolli per la prevenzione e per la salute da proteggere nei posti di lavoro.


Alcune attività produttive si sono fermate per decisione delle stesse grandi aziende dell’auto che oltre a soffrire da anni per un mercato mondiale asfittico, ora venivano a mancare i rifornimenti della componentistica cinese dell’automotive.
Sono state elencate le attività strategiche che non avrebbero potuto fermarsi, prima fra tutte l’industria delle armi.

Ma molte aziende ritenute non produttive hanno comunque continuato le attività perchè in un modo o nell’altro facevano parte dell’indotto di un settore strategico della produzione.

Come in guerra e come durante i bombardamenti sono state stilate regole ferree, si sta a casa a meno che non si è coinvolti nella produzione in fabbrica o nei magazzini. Di fatto sono stati chiusi solo gli esercizi commerciali lasciando aperti i tabaccai, perchè hai visto mai che un accanito fumatore dopo una settimana senza sigarette possa uscire di testa e scaricare la rabbia contro un’auto della polizia.

Chi svoltava la fatica in lavori a nero in bar e ristoranti ha rischiato la morte per fame. I buoni spesa dello Stato sono spariti subito e se non fosse stato per la cooperazione dal basso nei quartieri proletari la gente sarebbe morta di stenti e di fame.

La gran parte dei lavoratori con contratto hanno usufruito della CIG. Ma in molti casi, per via del precariato sociale diffuso quei contratti fatti figurare part time a 16 o 20 ore settimanali mentre il resto pagato a nero e fuori busta, l’assegno di CIG ricevuto è stato poco più di 100 euro mensili.

A soffrirne sono stati soprattutto gli immigrati ma anche tanti giovani proletari italiani.
Insomma il proletariato si è adattato secondo il criterio che ci possiamo salvare la pelle seguendo pedissequamente le necessità dell’economia e le direttive del governo che sono a tutela dell’interesse generale, altre strade possibili non ci sono.


I governi, ripresisi dall’iniziale sbandamento e dopo aver strozzato in gola l’urlo di Munch iniziale hanno affinato, secondo la necessità impersonale del capitalismo, le loro strategie.

Hanno istituito fantocci comitati scientifici facendoli apparire come l’entità che suggeriva l’azione governativa (ma l’azione veniva determinata altrove e da ben altre forze) ed hanno inaugurato la stagione dei DPCM: Decreti Produci Consuma Muori.
A fine maggio, giugno e luglio si tiró un sospiro di sollevio. La pandemia mondiale è in ritirata.

Cosa ridicola da pensare quando negli stessi mesi negli USA, Messico, Brasile ed India il numero giornaliero dei nuovi positivi e dei morti era in continuo aumento vertiginoso.


Sono state stilate rassicurantissimi criteri di sorveglianza della pandemia e circa delle azioni da intraprendere basati sulle soglie dei posti letto liberi nelle sale di terapia intesiva. Oggi si usa un metodo più obiettivo basato sulla percentuale dei nuovi casi per numero di popolazione di abitanti: puoi avere il bollino giallo, arancione e rosso. Ma in ognuno di questi tutti rigorosamente allineati a produrre per l’economia, per il capitale, per il profitto.


A settembre con la riapertura di scuole, fabbriche, con l’affollamento dei mezzi pubblici di chi deve andare a lavoro c’è stata la doccia fredda. La pandemia non era più localizzata in alcune regioni ma equamente distribuita su tutto il territorio nazionale. La virtuosa Germania con la sua super sanità ha avuto per un lungo periodo un numero di morti giornalieri doppi.


Di fronte all’evidenza del fallimento dell’uomo capitalistico di far battere in ritirata la pandemia, al massimo si è invocato più protocolli di sicurezza e ci si è adattati ai nuovi lockdown come il male minore.

Anche nelle poche lotte che si sono date successivamente queste hanno perso di vigore adattandosi al rispetto delle misure di emergenza sanitaria.


In sostanza il proletariato non è stato in grado di affrontare i nodi reali che questa pandemia pone davanti all’umanità ed ha scelto inevitabilmente il male minore, ossia la difesa della salute secondo le compatibilità di sua maestà il capitale e della sua continua guerra di aggressione della natura.


LA GOVERNANCE DELLA PANDEMIA.

Affidiamoci alla scienza (borghese) questo è il falso motto. Il capitalismo non si affida alla scienza borghese, piuttosto la comanda affinchè essa metta cerotti ai danni che il modo di produzione capitalistico inevitabilmente produce senza che il processo capitalistico ne venga compromesso.
Ma in quei mesi e fino a questi giorni si è voluto far credere che le strategie per la difesa della salute pubblica erano quelle suggerite dalla sedicente imparzialità scientifica.
In realtà la politica di governance è sempre stata in mano alle necessità impersonali della produzione del valore e della accumulazione capitalistica, e la scienza borghese non ha mai avuto voce in capitolo e svolto solo il ruolo del servo messaggero.


La pandemia richiede non una bieca strategia, ma una attenzione affinchè il fronte interno non si sfaldi, insubordinazioni e diserzioni dalla guerra in corso non avvengano.

Mentre i movimenti sindacali continuavano le proprie ordinarie battaglie, queste avvenivano rispettose delle misure sanitarie di emergenza, considerate nella loro essenza giuste ed inevitabili.

I governi, viceversa, hanno in modi differenti realizzato una azione – sostenuta dalla stampa e della scienza borghese – contro ogni voce discordante o scettica circa le misure e le azioni mai predisposte e che sarebbero dovute essere messe in campo.


William P. Barr Procuratore Generale degli Stati Uniti, una sorta di super ministro della giustizia e degli interni, uomo lucidamente antiproletario ha chiarito le cose a Maggio 2020 su chi deve e chi governa le strategie sulla pandemia: altro che gestione assegnata ai comitati scientifici borghesi compiacenti; la gestione e le decisioni devono essere in mano alle forze di polizia federale e dei Dipartimenti di Polizia.

Forte, netto e chiaro a chi ancora afferma lasciamo la parola alla scienza.

Durante tutta la Pandemia la scienza borghese ha avuto sempre un ruolo marginale.

Il motivo di tanta schiettezza di William P. Barr risiedeva nella lucida previsione che tenere allineato nei ranghi il fronte interno non sarebbe stato facile, perchè negli USA la pandemia non solo stava falcidiando secondo le linee di classe, ma anche secondo le linee dell’oppressione della razza e del colore.


È per la stessa preoccupazione che il governo Draghi ha sottratto la gestione operativa dell’emergenza sanitaria alla Protezione Civile e l’ha assegnata al Generale Figliuolo, all’uomo che annovera nella sua carriera militare il comando delle truppe NATO in Kosovo, poi italiane in Afghanistan e in Iraq.


LA DISERZIONE ALLA GUERRA DELL’UOMO CAPITALISTICO CONTRO LA PANDEMIA E ALLA NATURA.

Il più eccezionale, inedito, esteso e di massa fenomeno di diserzione dalla guerra alla natura, alla insubordinazione all’interesse generale (capitalistico) di violazione delle regole e dei protocolli emergenziali è stata la rivolta guidata dai giovani proletari neri, con la partecipazione di massa dei proletari latini, dei nativi e di un giovane proletariato bianco traditore della sua appartenenza alla società della supremazia bianca, che si è dato nel nome di George Floyd.
I neri morivano di covid più degli altri per gli stessi motivi per cui i neri continuano ad essere doppiamente oppressi ed uccisi dalla polizia, discrimanati dai bianchi: il capitalismo razzializzato, il razzismo sistemico, che non è una peculiarità degli USA ma il fondamento della stessa struttura dei rapporti di produzione capitalistica.


Nella rivolta di questo proletariato meticcio non vi è stato alcun atteggiamento “responsabile” e “nell’interesse generale” a rimandare la questione a guerra contro la pandemia vinta. Non si sono lasciati abbindolare circa che era “sconsigliabile”scendere in massa nelle strade e nelle città in rivolta, per via della pandemia e nell’interesse della salute delle loro comunità.

Del resto il fallimento delle strategie dell’emergenza sanitaria erano sotto l’occhio di tutti, era evidente a New York dove il governatore democratico Cuomo era in aperta polemica con Trump. A new york nei ghetti neri e latini si stava morendo 6 volte di più che nei quartieri bianchi o nelle suburb della middle classe di ogni colore.

Durante la mobilitazione che ha visto coinvolti più di 25 milioni di proletari neri, latini, indigeni e bianchi non sono mancati i richiami alla “responsabilità”.

Durante un enorme corteo che sfilava lungo il ponte di Brooklyn, quindi dai quartieri del sud est di New York verso la downtown di Manhattan, una giovane ragazza bianca viene fermata da un giornalista televisivo che le domanda: “ma non hai paura del covid?”. Lei risponde “lottare contro il razzismo che uccide i neri è più importante del covid, è un motivo valido per rischiare”.


Noi ci rifiutiamo di non lottare contro il razzismo sistemico perchè voi state combattendo la vostra guerra alla natura e attraverso questa guerra uccidete ancora di più la nostra gente.


Questo il messaggio implicito della rivolta del proletariato nero e meticcio che si è data nel nome di George Floyd.


Ci sono state altre defezioni più direttamente rivolte contro i lockdown fallimentari a protezione della salute delle persone e che hanno solo fatto precipitare nella miseria più nera quel diffuso proletariato metropolitano precario.

Il 23 ottobre a Napoli contro il lockdown preannunciato e la conseguente impossibiltà di trovare la fatica nei lavori a nero i “mother’s fucker” proletari napoletani hanno scaricato tutta la loro giusta rabbia contro ogni cosa fosse il blu della polizia ed il nero dei carabinieri. Una vera rivolta di giovani proletari senza riserve che non percepiranno mai la CIG o alte forme di sostegno.

In piccolo rispetto all’ampiezza della rivolta spontanea dei uaglió proletari napoletani, ma significativa sono state le distruzioni dei negozi del lusso di Torino. Giovanissimi, molti di essi figli di immigrati, venuti dai quartieri desolati della periferia degradata dalla deindustrializzazione hanno raccolto il segnale napoletano e scaricato la loro rabbia contro chi continua ad arricchirsi e godere della propria ricchezza, mentre il giovane proletario deve essere ligio all’interesse generale della guerra alla pandemia ma senza nemmeno la possibilità di accedere ad un lavoro a nero.


Episodi simili si sono ripetuti per due giorni (24 e 25 gennaio 2021) ad Eindhoven dove giovani proletari hanno distrutte le telecamere di sicurezza dai lampioni e saccheggiato i centri commerciali come forma di protesta contre le nuove restrizioni per la sanità pubblica.

A Brussels (31 gennaio), dove il Belgio è il paese con il più alto tasso di mortalità per covid in rapporto alla sua popolazione, 2000 giovani scendono in piazza contro il lockdown e la polizia fa 400 arresti.
Budapest, nella stessa giornata del 31 gennaio, la polizia disperde con forza una manifestazione dei lavoratori degli alberghi che chiamano alla disobbedienza civile ed a un ripensamento delle misure dei lockdown.
Vienna, Austria, 5000 giovani scendono in piazza contro il lockdown.
In tutte queste occasioni l’elemento agente è stato appunto quel proletariato giovanile metropolitano senza riserve, precario o con possibilità di lavori saltuari a nero. A Budapest una categoria di lavoratori gettati sul lastrico per la chiusura delle attività dove sono occupati. In questi giorni a Montreal dove i giovani stanno sfidando il coprifuoco da covid.

Ogni manifestazione di insubordinazione è stata descritta nella medesima maniera in cui vennero eticattati, per isolarli, i neri in rivolta del 1943.

Non c’è più Hitler, ma le caratterizzazioni utilizzate hanno avuto lo stesso ritornello: microcriminali, soldataglia povera della camorra, fascisti, neonazisti, ultras di destra da stadio.

Roba da cui il proletariato schiacciato e soggiogato dai Decreti Produci Consuma Muori deve tenersi alla larga.

Mentre un nuovo mostro proletario giovanile prova a lanciare il suo guanto di sfida alla inutilità della guerra alla pandemia, perchè funzionale alla continuazione della guerra senza sosta alla natura, la parte del proletariato più garantita continua a scegliere il male minore: facciamola fino in fondo questa sporca guerra sperando che il capitalismo presto tiri fuori la sua arma segreta e definitiva. Il punto è che l’arma segreta esiste, ma essa è tutt’altro che definitiva.


L’ARMA DECISIVA, IL VACCINO.

Bisogna essere chiari su questo punto.

Questo blog non considera il suo giudizio negativo sulla vaccinazione di massa capitalistica per il covid, perchè questa sperimentazione e l’uso dell’arma decisiva alla guerra al Covid19 (il nome assegnato alla malattia polmonare causata dal virus Sars-Cov-2) sia funzionale agli interessi corporativi di Big Pharma.


Non mi interessa se Big Pharma farà ancora più profitti sfruttando l’enorme opportunità di profitto che la pandemia gli concede su un vassoio di argento.


Così come è di secondaria importanza se questi nuovi vaccini saranno in grado di far retrocedere la pandemia o potranno provocare conseguenze dannose nel medio o lungo periodo. Nemmeno se il vaccino è in grado di contrastare tutte le nuove varianti del virus.

Se questo vaccino potesse effettivamente accelerare l’immunità di gregge di cui tanto si ciancia a sproposito, allora la vaccinazione capitalistica di massa sarebbe utile.


Il problema è che Big Pharma opera secondo le necessità complessive del capitalismo, ne è dominato esso stesso e non viceversa. Il capitalismo non ha alcun interesse ad una cura effettiva dell’uomo e di lungo periodo ed assegna alla scienza borghese e alla scienza medica borghese la soluzione più veloce, anche se posticcia. L’importante è provvedere a mettere in campo una soluzione rapida che rimetta in piedi la merce forza lavoro e la riconsegni presto al suo ruolo di produzione del valore capitalistico.
La scienza medica borghese è da sempre determinata a trovare soluzioni farmacologiche centriche ed ospedal centriche, piuttosto che nella prevenzione.

C’è anche dire che questa lapalissiana constatazione, è anche conseguenza del dominio del capitalismo sull’uomo capitalistico stesso che nella priorità di concorrere alla produzione, esso stesso si disinteressa della prevenzione.


Secondo lo stesso criterio Big Pharma – come la scienza borghese è chiamata a trovare cerotti da mettere sulla natura stuprata – ha sviluppato i suoi nuovi vaccini per il covid19.


Punto primo nella stessa letteratura del vaccino Pfizer-Biontech è scritto che l’effetto testato (su 40000 persone) non è quello di rendere il vaccinato immune al virus Sars-Cov-2, tantomeno di evitare che lo possa trasmettere.

Le finalità dei nuovi vaccini è solo quello di rendere meno aggressiva la malattia conosciuta covid19.


Casi di positività al virus si sono registrati a Pesaro e a Abbiategrasso su infermieri già vaccinati a gennaio e completato il ciclo di due vaccinazioni. Ma se il vaccino comunque non ti protegge dal virus, ma almeno rende la malattia più gestibile, allora è cosa buona la vaccinazione raccomandabile.


In realtà più persone vengono vaccinate e più persone girano senza preoccupazioni di potersi infettare e contagiare. Insomma la pandemia non è che regredisce ma continua a vivere sotto altra forma.


C’è anche da aggiungere che negli ultimi mesi e in tutto il mondo ci sono positivi al virus negativizzati, che dopo 6 mesi continuano a soffrire di strane malattie non sufficientemente indagate. Una di queste attacca il sistema neurologico ed è stata chiamata “nebbia del cervello”. In altri casi abbiamo infiammazione del sistema cardiocircolatorio, del fegato e dei reni che non regrediscono. Deprimento del tono muscolare e profonda fiacchezza. A fronte di 3 milioni di morti certificati nel mondo, ci sono stati più di 140 milioni di casi di cui non si sa quanti soffrono di queste altre malattie da Sars-Cov-2.
In sostanza la soluzione posticcia assegnata alla scienza borghese, non ha studiato il virus che pare provochi tante altre conseguenze senza distinzione di età. Si è impegnata nella via più breve.


Quindi quando si dice che non c’è problema se ti vaccini e poi ti prendi il virus, tanto il covid19 sarà meno aggressivo, è una vera balla, perchè un’altra parte della scienza medica impegnata su quest’altro fronte e senza le miliardarie risorse a farcelo intuire.

Se ti prendi il virus Sars-Cov-2 puoi farti male in ogni caso ed io vaccino non ti protegge.
Allora l’arma definitiva contro il covid19 era come i declami di Mussolini nell’Italia che stava sbattendo il grugno nella guerra che dichiaravano che solo lui aveva in pugno l’arma segreta per vincere la guerra.
La vaccinazione capitalitica di massa per il covid19 è solo l’ultima trovata per allineare l’umanità alla guerra e orientare proletari e proletarie alla adesione attiva nella richiesta vaccino per tutti.


LA PRODUZIONE DEL VACCINO.

In molti paesi sta fallendo la vaccinazione capitalistica di massa, sia per motivi logistici (contenere le dosi in giacciaie a -70^ o a meno -30^), sia per i limiti strutturali della produzione capitalistica.
Le dosi mancano, scarseggiano, ma si deve vaccinare, vaccinare, presto il più alto numero di persone. Gran parte dei milioni di dosi che la UE aveva ordinato a Pfizer-Biontech o a Moderna, non sono arrivate. L’esecuzione della vaccinazione capitalistica di massa si inceppa.

L’arma definitiva è scarica. Tant’è che si è passati al vaccino delle saponette Johnson & Johnson, messo fuori mercato negli USA qualche giorno fa.
Si è provato a ripiegare su altri vaccini, che da letteratura del farmaco dichiarano coperture sempre più basse, al 70%, 60%, 55%. Alcuni vengono approvati solo perchè non creano il problema logistico enorme per la conservazione di centinaia di milioni di dosi.
La realtà è che la produzione del vaccino inciampa con i limiti della produzione capitalistica. Già la produzione di una dose utile per vaccinare 10 persone, richiede un processo produttivo che impiega 100 giorni.


https://www.scienzainrete.it/articolo/dal-bioreattore-alla-fiala-100-giorni-del-vaccino/riccardo-lucentini/2021-03-01

Ma arrivati all’ultimo passaggio il proceso si inceppa. Il filamento del RNA messagero deve essere inserito in nanoparticelle lipidiche. Ossia dentro delle sferette di grasso.

Sia Pfizer che Moderna hanno scorte limitatissime e quindi sono costretti a rivolgersi ad aziende biotech terze parti che producono solo queste nanoparticelle lipidiche, le quali esse stesse hanno limitate capacità produttive di scala per soddisfare la produzione di centinaia di milioni o miliardi di dosi. Queste aziende si erano attrezzate nei loro impianti per la domanda del mercato delle tette, labbra e zigomi di plastica.


La illusoria rivendicazione del vaccino per tutti si infrange con i limiti della produzione capitalistica, a meno che precipitando sempre più in basso del meno peggio si è disponibili al vaccino delle saponette.


LA RENITENZA E LA DISERZIONE DALLA VACCINAZIONE CAPITALISTICA DI MASSA.

Negli Stati Uniti più del 30% della truppa non si è presentata al richiamo per la vaccinazione da Covid19. In alcuni reparti e divisioni la renitenza dalla vaccinazione ha rigurdato l’80% della truppa.

Le motivazioni singole non sono importanti, come scritto prima, affermare che è giusto o no, se è vero o no che il vaccino ha conseguenze negative perchè creato troppo in fretta e bruciando le tappe delle fasi di test è poco sicuro sono considerazioni di contorno.

La cosa importante è che la truppa non risponde ai vertici dell’esercito del Pentagono. Al momento negli USA non vi è l’obbligo di vaccinazione nell’esercito, ma si sta pensando di introdurlo.


In Italia, e scommetto nel mondo intero, soprattutto quello occidentale, un numero diffuso di infermieri e di lavoratori della sanità non si è presentato alla chiamata per la vaccinazione. Anche qui vale la stessa considerazione, che a questo blog non interessa la motivazione imdividuale e se le preoccupazioni dei renitenti siano fondate oppure oppure esagerate.


In entrambi i casi c’è la renitenza e la diserzione del “fronte di guerra”. Questi infermieri si sottraggono al vaccino come ultima frontiera del crinale iniziale basato che la salute delle persone viene prima dell’economia.

Gli ordini dei medici e degli infermieri hanno da subito invocato una dura punizione. I sindacati della sanità CGIL CISL e UIL si sono accodati a questa campagna infamante contro i renitenti del fronte di guerra.

Con il DPCM del 1 aprile il governo Draghi ha istituito l’obbligatorietà della vaccinazione per tutto il personale della sanità e l’accodamento in alcuni casi è diventata anche collaborazione alle punizioni che gli ordini di medici e infermieri già avevano in mente: licenziamento, trattenuta intera del salario, radiazione dall’ordine.


Ad una posizione dal sapore codista neanche il SI Cobas (organizzazione dei lavoratori che questo blog attivamente sostiene) è riuscito a sottrarsi.


https://sicobas.org/2021/04/13/sanita-si-ai-vaccini-no-al-decreto-draghi-per-la-difesa-di-tutti-i-lavoratori-anche-del-personale-che-non-si-vaccina/


L’articolo titola “si ai vaccini, no al decreto Draghi”. Perchè al di là dell’incipit la contrarietà circa la punizione dei renitenti è solo di facciata. Perchè nell’articolo la contrarietà all’obbligo di vaccinazione è per motivi di merito declinato in 4 punti che la rendono inopportuna e intempestiva.

La caccia alle streghe ed ai renitenti, secondo i compagni del SI COBAS sanità sarebbe solo un’arma di distrazione di massa per nascondere le vere responsabilità circa l’emergenza sanitaria (perchè continuiamo a chiamarla emergenza sanitaria?).

In realtà si puniscono i primi renitenti per mandare un segnale a tutti i proletari, l’arma segreta funziona e ve la dovete far piacere e continuare a servire l’economia.


E anche la USB non è da meno.
https://sanita.usb.it/leggi-notizia/lobbligo-vaccinale-per-il-personale-sanitario-e-larma-di-distrazione-di-massa-di-una-campagna-vaccinale-fallimentare-1728-1-1.html

La sottomissione al vaccino della scienza (borghese) come soluzione ed alla richiesta di più vaccino per tutti, inevitabilmente ha portato di fatto queste organizzazioni del sindacalismo di classe a sentirsi distanti da quegli infermieri renitenti di tutta italia nel momento della lotta. Pochi giorni fa da soli sono scesi in piazza a Roma, ma isolati e non sostenuti nella loro mobilitazione dal sindacalismo di classe.
In sostanza se si confida così tanto al vaccino, anche le organizzazioni del sindacalismo di classe sembrerebbero dire: “cari compagni infermieri renitenti siamo pure in opposizione al decreto Draghi del 1 aprile, ma convincetevi, vaccinatevi”.


La riflessione da fare è che seppur in modalità diversa questo posizionamento fideistico che il vaccino contro il covid19 allontana sempre più i lavoratori a dover necessariamente disertare la guerra contro la natura, schierandosi al suo fianco contro il capitalismo. Ossia quella guerra ripetuta che ha causato la pandemia attuale e le future che si prospettano all’orizzonte.


Questa è una riflessione di questo blog che al momento non puó esserci un esito differentee. Ma proprio per questo ogni diserzione alla vaccinazione apre di nuovo la possibilità che viene veramente prima la salute della comunità umana, la “gemeinshaft” contro il modo di produzione capitalistico che aggredisce al tempo stesso gli sfruttati e la natura. E per lo stesso motivo (non per ragioni di “intempestività”) che questo blog è contro ogni vaccinazione capitalistica e obbligatoria di massa.


LA RICHIESTA DEL VACCINO PER TUTTI.


Allora che diciamo a chi dal basso rivendica anche per loro il vaccino contro il covid19?


Questo blog applica lo stesso ragionamento che fa nei confronti degli infermieri renitenti. Il vaccino effettivamente non c’è per tutti e tanti non sono nemmeno inclusi nei programmi di vaccinazione:

i carcerati di tutto il mondo; gli immigrati che non hanno tutti i documenti in regola e quindi non hanno accesso ai servizi della sanità pubblica; i braccianti immigrati delle campagne che insieme agli altri immigrati non hanno accesso nemmeno al tampone.

La loro rivendicazione dal basso costituirebbe un elemento oggettivo di critica e di conflittualità con il capitalismo razzializzato.

Se non ci sono al momento un numero di dosi vaccinali insufficienti, alcuni settori proletari ritenuti non strategici saranno in coda o sacrificati.

Così come la stessa possibilità è concreta per i disoccupati.


Ma un conto è una reale mobilitazione dal basso che rivendica la vaccinazione per sè, altra cosa e farne una parola d’ordine programmatica in assenza di una mobilitazione reale che finisce suo malgrado alla coda della scienza borghese.

Negli USA, decisamente più strutturati, sin dal luglio del 2020 avevano preparato un piano di vaccinazione su criteri di priorità e e secondo linee estrenee ad ogni tio di discriminazione razziale.

Vi erano tratteggiate le linee guida su quali settori di lavoratori sarebbero prioritariamente vaccinati rispetto agli altri lavoratori.È ovvio che in assenza di una mobilitazione reale e generale proletaria, queste impostazioni programmatiche possono finire nell’impotenza di fronte alla concorrenza tra lavoratori.


BIG PHARMA E LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE SUI VACCINI.

Manon Aubry, europarlamentare francese, il 4 marzo 2021 lancia il suo durissimo j’accuse contro Big Pharma e contro la UE che ne è stata succube. E aggiunge che per recuperare il tempo perso “è ora di rilasciare i brevetti, così che chiunque ne abbia la capacità possa produrlo”.


La sinistra riformista e la sinistra cosiddetta di classe si sono inchinati di fronte all’eroina francese nuova Giovanna D’Arco dei nostri tempi.

Il punto, per smetterla con questa balla e fanfaronata circa la richiesta dell’abolizione della proprietà intellettuale dei brevetti, sta proprio nella affermazione dell’Aubry che racchiude la vera natura di questa levata di scudi contro Big Pharma.


“… chiunque ne abbia la capacità..”.


La produzione di un vaccino richiede un capitale finanziario di inestimento notevole, non si fa in un retro bottega di un erborista esperto. Richiede la capacità di acquistare tecnologie medico scientifiche ultra sofisticate. Serve il know-how necessario e lunga esperienza per maneggiarle, serve un impianto di laboratorio iperprotetto e asettico con sistemi di monitoraggio sofisticato contro qualsiasi contaminazione esterna.

Alla stessa stregua serve un costosissimo impianto per la produzione massiva ed una logistica sicura per la distribuzione della merce prodotta da spedire a milioni di dosi.

Allora chi ha le risorse di capitale finanziario che puó averne le capacità?

La realtà, indipendentemente se la Aubry ne è consapevole o no, nasconde finalità davvero poco umanitarie.

Quali sono i paesi, gli Stati capitalisti che producono il vaccino per il covid19?


Elenchiamoli: Stati Uniti (con la collaborazione della tedesca Biontech), Cina, Russia, Regno Unito (traditore della UE).

Di questi paesi sone le multinazionali del farmaco che stanno facendo profitti a carrellate.

Quali sono gli Stati imperialisti che sono rimasti fuori dalla spartizione della torta e che vi vorrebbero partecipare?

Italia, Francia, Spagna, Belgio, Olanda.

E non c’è paese dell’Africa, tanto per dire, che anche avendo pubblico accesso al brevetto non possiederà mai il capitale finanziario necessario e le sofisticate tecnologie per produrlo.

E piccola aggiunta a chi rivendica a vanvera il rilascio dei brevetti, il brevetto contiene una formula ma non ti spiega per nulla come si fa.

Di fronte al brevetto liberalizzato ogni paese dominato dall’imperialismo si troverebbe un lego in scala reale del colosseo ma senza il manuale di istruzioni per il montaggio, un mobile Ikea senza istruzioni, viti, e bulloni.

I paesi dominati dall’imperialismo sarebbero comunque costretti ad acquistarlo e senza alcun sconto dalle stesse iene imperialiste.


La campagna iniziata dalla Aubry cui tutta la sinistra, inclusa quella che si definisce di classe, è una contesa tra predoni imperialisti nel modo più assoluto.

Se al si convinto al vaccino della scienza (borghese?), poi si accostano rivendicazioni programmatiche del “vaccino per tutti” proposto dall’alto ed in assenza di una mobilitazione reale, e poi si aggiunge l’accodamento convinto per la liberalizzazione dei brevetti, si finisce dritti dritti in bocca alle iene del proprio imperialismo che vorrebbe anche lui il suo vaccino tricolore.

3 pensieri riguardo “La guerra alla pandemia dell’uomo capitalistico

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