La Libia e il Sahel
Per chi si dovesse domandare perchè cresca nel Sahel un moto anti occidentale che attraversa le generazioni più giovani delle masse Africane, che rischia di trasbordare dal Mali, Burkhina Faso, Niger, Guinea come una goccia in un vaso colmo.
Qualche intellettuale di buone intenzioni si acconcia la coscienza accennando ai vari “errori” compiuti dagli Europei nel fallimento del post colonialismo in Africa. Errori? Se tali solo successivi e funzionali a dare continuità alla rapina e al saccheggio. Un saccheggio delle sue risorse e della sua forza lavoro, altro che errori.
E di “errori” in “errori”, l’ONU da autentico covo di briganti quale è, ci dice che la tragedia libica – ossia di decine di migliaia di morti travolti dalle acque e dal fango – si sarebbe potuta evitare se la Libia avesse avuto un sistema di allerta meteo e mettere dunque in preallarme la popolazione su l’accaduto definito poi “alluvione”.
Certo, per i briganti Occidentali, si è trattato di alluvione e non di due dighe che sono schiantate all’improvviso. Come, pure viene annoverato il fatto che queste due dighe fossero prive di manutenzione da anni, e che la causa prima della tragedia risiede nelle abbondanti pioggie e nell’assenza di un sistema di allerta meteo, o ancora se fosse stata fatta la dovuta manutenzione delle due dighe, queste non sarebbero collassate.
Il pensiero Occidentale è abituato a valutare i fatti della storia con i “se” e con i “ma”, atteggiamento utile a negare o a nascondere i fattori storici che determinano le cose ed incapace di andare oltre alla fenomenologia superficiale. In sostanza i popoli dell’Africa, secondo l’ideologia del covo dei briganti onuisti Europei e Occidentali, sarebbero incapaci di avvalersi del libero arbitrio, dunque compiere le scelte migliori e necessarie sottolineate e consigliate a posteriori coi vari “se” e “ma”.
Solo che la possibilità materiale di porsi certe domande dipende da fattori causali precedenti. La possibilità che una certa popolazione possa porsi certe domande di necessità sociale non fuoriesce dal nulla, ma dal fatto che una serie di relazioni di mercato che le compongono in un quadro nazionale e statuale locale esista. Che dunque quelle dighe e la loro manutenzione sia sentita parte del necessario sviluppo produttivo del mercato. La Libia esiste oramai come un brandello lacerato, grazie al fatto che l’Occidente in preda al vortice della crisi di un modo di produzione unitario che avvolge il globo l’ha bombardata e poi fatta a pezzi.
Se la storia potesse essere spiegata con i “se” e con i “ma” – ma non è questo un metodo scientifico utile – allora dovremmo concludere che la tragedia in Libia si sarebbe potuta evitare se il saccheggio dell’Africa, ad opera del colonialismo europeo e occidentale, non fosse mai avvenuto.
Se c’è una tendenza tracciata dalla causalità delle cose che tragedie simili non accadranno più o che vi siano quegli accorgimenti per minimizzarne le conseguenze, questa sta in quel caotico e confuso moto del Sahel – confinante con la Libia – che per necessità e sua sopravvivenza intende cacciare a calci nel sedere gli Occidentali dall’Africa.
Perchè chi sta sbranando la Libia da 12 anni e più, non finanzia quegli interessi corporativi locali per far opera di manutenenzione delle dighe. Quei soldi servono per governare e gestire la nuova tratta degli schiavi africani attraverso le opere democratiche delle ONG da un lato, e attraverso le milizie locali dall’altro che li fanno lavorare in condizione di schiavitù ad estrarre il gas e il petrolio che serve all’Italia e all’Europa.