L’appello del proletariato della Colombia in rivolta e la reazione del capitalismo globale

Il blog noi non abbiamo patria intende diffondere l’appello dei proletari di Cali e della Valle del Cauca (riportato in fondo) aggiungendo poche note di riflessione sul senso degli accadimenti in atto. La Colombia già attraversata da forti mobilitazioni di massa nel 2019 e poi nell’estate del 2020, di fronte all’incedere della pandemia e della crisi capitalistica è in rivolta in tutto il paese.

A morire di covid (più di 500 morti al giorno) sono soprattutto i proletari e le popolazioni indigene poverissime, che a Cali lavorano nell’industria o in condizioni semi schiavistiche nei campi, come braccianti o contadini lavoratori diretti della terra.

Di fronte alla crisi la Colombia ha inasprito le persecuzioni razziste contro le popolazioni ed i proletari indigeni, che già prima dello sciopero generale contro il governo erano in lotta contro gli attacchi militari e paramilitari per scacciarli dalle terre e dividere il proletariato colombiano tutto secondo le linee dell’oppressione della razza e del colore.

La manovra fiscale del governo Duque ha solo acceso la miccia della impossibilità del proletariato Colombiano di poter vivere come prima, le cui condizione generali di vita degli sfruttati sono vieppiù insostenibili.

Alla vigilia dello sciopero indetto dalle organizzazioni sindacali contro la manovra del governo, le gerarchie della Chiesa Cattolica hanno fatto di tutto per scongiurare lo sciopero sindacale e la protesta, chiedendo ai sindacati di rimandarlo, perchè scendere nelle piazze in massa, mentre la pandemia infiamma, è contro gli interessi di tutti e soprattutto dei più “poveri”.

Lo sciopero è stato inevitabile e la rabbia proletaria ha fatto la sua irruzione: blocchi della autostrada “panamericana” che attraverso la Colombia collega l’economia del nord e del centro america con quella del sud america; barricate nelle strade; assedio degli uffici municipali e governativi, saccheggi delle proprietà private delle catene di distribuzione delle merci e dei beni di prima necessità.

Il governo Duque ha risposto da subito con una forte repressione poliziesca, militare e paramilitare. I morti a decine nelle piazze non si contano, ma ancor peggio ci sono centinaia e più di mille desaparecidos di cui non si sa nulla. Il proletariato lotta, il capitale ed il governo, che ne difende i suoi vitali interessi, uccide.

Lo sciopero ha visto dunque l’improvvisa scesa in campo di massa del proletariato senza riserve che ha travolto lo sciopero “ordinato” dei lavoratori dalle paghe medie più alte che sono anche essi spinti verso il baratro. Questo proletariato ha risposto agli appelli alla responsabilità della Chiesa Cattolica affermando coraggiosamente: “non abbiamo paura del covid, ci stanno ammazzando giorno per giorno, non ci fermeremo e scioperemo”.

Mentre il governo Duque ha dispiegato tutte le forze repressive e militari possibili, al tempo stesso ha immediatamente ritirato la contestata riforma fiscale che attacca i redditi dei lavoratori “più garantiti” (ed è un eufemismo visto che il salario medio è poco più di 260 dollari al mese), la piccola borghesia impoverita dalla crisi e soprattutto il proletariato più povero attraverso l’aumento delle imposte indirette sui beni di prima necessità.

Ma non è servito a nulla! la rivolta proletaria di massa al momento continua coraggiosamente nelle maggiori città della Colombia e nei suoi distretti più piccoli e nelle aree rurali. Il Capitalismo mondiale guarda con apprensione a iniziare da quello Yankee di cui l’America Latina è considerata il “cortile di casa” dell’imperialismo USA, ma anche di quello Italiano che sostiene i massicci investimenti finanziari nelle infrastrutture e nella continua deforestazione di ENI e ENEL in tutto il Sud America.

Il senso della Global Tax di Biden da applicare sugli utili delle più ricche multinazionali, cui chiama tutti i paesi dell’OCSE ad aderire (tassando direttamente il plusvalore prodotto il capitale) e che prevederà negli USA l’aumento al 25% fino al 28% sugli utili capitalistici è questo: per rilanciare l’accumulazione e soprattutto per contenere le rivolte proletarie che scoppiano improvvise ed anonime (George Floyd revolt, America Latina revolts, Indonesia, Thailandia, Myanmar e nelle campagne poverissime dell’India), il Capitale deve rinunciare ad una parte dei suoi utili, dei suoi profitti, del plusvalore estorto al proletariato mondiale per predisporre un disperato Emergency Marshall Plan globale. Il tentativo “Biden” – espressione delle necessità impersonali del capitale – vede l’appoggio dei piani alti della JP Morgan, di Jeff Bezos e Amazon, dei Governi Inglesi, Francesi ed Italiano del “banchiere Draghi”, ma questo tentativo ha le gambe corte per correre: altro che tassare i “paperoni” di cui tanti gruppi presuntamente rivoluzionari si fanno sostenitori con le loro proposte di tassare i redditi dei più ricchi attraverso una riforma patrimoniale del fisco (che alla prova dei fatti della rivolta proletaria in Colombia queste proposte risultano più arretrate del moto spontaneo delle masse – come ci ricordano i compagni del circolo internazionalista “coalizione operaia), il capitale per salvare se stesso deve metter mano a quote del suo plusvalore estorto.

Il proletariato della Colombia risponde: “vogliamo vivere, non sopravvivere”. Ed il piano della Global Tax sui profitti delle multinazionali sarà appena sufficiente a garantire la sopravvivenza proletaria di pochi a discapito della massa.

Da Cali e dalla regione della Valle del Cauca arriva l’appello del proletariato Colombiano affinchè si organizzi, realizzi la solidarietà internazionalista che ci chiarisce di che cosa ci sarebbe bisogno.

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