Il punto in questione

Ci sono momenti della storia dove non si ammettono fraintesi e tentennamenti, dove si è chiamati a stare da una parte contro l’altra. Questi anni ’20 del 21esimo secolo rappresentano esattamente il punto di arrivo di una svolta in cui la storia impersonale del modo di produzione capitalistico sta presentando il conto al mondo occidentale per i suoi crimini compiuti per oltre 500 anni in molte aree del mondo e da cui ha tratto straordinari benefici che ha distribuito a cascata fra le varie classi sociali. 

  Inutile fingere, non siamo in presenza di una crisi ciclica del “capitalismo”, no, siamo di fronte alla crisi generale del modo di produzione capitalistico e del suo epicentro: l’Occidente e fra questo gli Usa.

  Contrariamente all’ultimo secolo appena trascorso l’Occidente è privo di prospettiva e proprio per questo diviene una variabile impazzita ma zavorrata nelle sue ali perché priva di quella straordinaria accumulazione di valore che gli permetteva di essere il faro del mondo nei confronti di altri paesi che facevano fatica a rincorrerlo proprio perché non avevano alle spalle secoli di dominio colonialista e imperialista. 

  Ma la forza delle leggi impersonali del modo di produzione capitalistico che l’establishment ha utilizzato e rincorso in realtà si sta dimostrando essere un boomerang, e dopo aver rincorso a tutti i costi l’espansione a macchia d’olio delle stesse leggi, queste oggi gli si ritorcono contro. 

  Viene in mente quella famosa espressione di Nixon quando sbarcato a Pechino nel 1972 scendendo la scaletta dell’aereo, nel porgere la mano a Mao Tse Tung i napoletani coniarono una eccezionale barzelletta « Mo te faccio n’assegno, accussì te lieve sti pensiere ‘a capa ».

  Mai sintesi fu più appropriata da un linguaggio popolare che seppe centrare in poche parole la questione: gli Usa – con alle spalle secoli di straordinaria rapina per accumulazione avevano la necessità di investire, in un giovane proletariato a buon mercato, e la Cina che doveva assolutamente recuperare nel rincorrere il modo di produzione e sviluppare l’accumulazione, aveva bisogno di capitali.  

  Insomma il capitale degli Usa si presentava come il camorrista, il gangster, il mafioso che poteva elargire un prestito, magari a tasso agevolato, a chi aveva sì bisogno di capitali ma aveva il grande patrimonio da sfruttare: quel giovanissimo proletariato proveniente dalla campagna e volenteroso di essere sfruttato. 

  Ma il modo di produzione che si estendeva a macchia d’olio ha coinvolto l’insieme dell’Asia e sta coinvolgendo l’altro grande continente, l’Africa e l’Occidente si trova così stretto nella concorrenza e sta soffocando. 

  Inutile girarci intorno: in questi termini si pone oggi la questione. È questo il punto di svolta che i vari commentatori e analisti, in modo particolare quelli occidentali, non riescono in alcun modo a nascondere e a rimuovere: una crisi storica di mezzi di produzione e merci con una concorrenza sempre più agguerrita proprio da quelle aree che avevano dovuto subire l’invasione occidentale.  

Ruolo dello Stato di Israele in questa fase

Lo Stato sionista di Israele in questa fase è l’epicentro dello scontro tra aree del mondo, e più esattamente tra l’Occidente e gran parte del resto del mondo. Uno Stato che nacque innanzitutto per controllare i traffici del petrolio in Medio Oriente, dunque contro i paesi arabi detentori calpestando il diritto del popolo palestinese, imponendo a una parte la diaspora di profughi mentre l’altrta parte veniva imprigionata a cielo aperto. 

    Abbiamo più volte detto che se gli ebrei volessero cercare il vero responsabile delle loro condizioni di precarietà lo rintraccerebbero nella sete di arricchimento dell’establishment occidentale fra i quali abbondano capitalisti di peso di origine ebraica. Un ruolo, quello assegnato dall’establishment di cane da guardia nei confronti dell’intera area mediorientale. 

  A giusta ragione i propagandisti occidentali in questa crisi dicono « Israele rappresenta l’Occidente, e noi che siamo occidentali dobbiamo sostenere l’Occidente »!

   Il 7 ottobre 2023 altro non è stato che un sisma, una reazione rabbiosa dopo circa 80 anni di soprusi, che solo per caso ha preso il nome di Hamas. Vale per i palestinesi a Gaza come per altre formazioni che rappresentano i profughi in Cisgiordania o l’estremismo islamico nello Yemen. Si tratta di formazioni che rappresentano un punto estremo di un malcontento diffuso, ma non per questo meno rappresentativo, tanto è vero che divengono il vero bersaglio dello Stato sionista e dei governi occidentali. E nonostante le trombe squillanti dei propagandisti l’esercito sionista fa fatica a passare a Gaza, nonostante stia seminando morte e distruzione, e se il conflitto si dovesse estendere, coinvolgendo popoli e masse a sostegno della causa palestinese e contro l’Occidente, per lo Stato sionista di Israele potrebbe – e finalmente – suonare la campana a morto.

   Il genocidio di cui si sta rendendo responsabile lo Stato di Israele in realtà è possibile perché protetto dall’insieme dell’Occidente. Dunque il punto in questione, perciò, senza tergiversare si pone nei seguenti termini: per gli occidentalisti è necessario stare con l’Occidente, per chi si oppone a 500 anni di dominio occidentale nel mondo è necessario stare in modo incondizionato contro l’Occidente, senza alibi e distrazioni di sorta. Non abbiamo nessun diritto di fare l’analisi del dna alle formazioni che nel Medio Oriente si battono contro l’Occidente.

  Siamo chiari: al momento intorno alla questione palestinese si va coagulando uno schieramento internazionale contro l’Occidente anche in Occidente. Non uno scontro borghesia – proletariato, inutile divagare!

  Non dobbiamo e non possiamo avere esitazioni a riguardo, non dobbiamo in alcun modo avere dubbi, la rivoluzione in marcia in questa fase segue vie proprie e non le scegliamo noi “poveri idealisti” che rincorriamo da secoli la sconfitta del capitalismo. Dobbiamo sapere che solo una sconfitta catastrofica dell’Occidente può aprire la strada verso nuovi e diversi rapporti sociali degli uomini con i mezzi di produzione. 

  Per farla breve: se una famosa scrittrice come Dacia Maraini scrive « Ma dobbiamo anche chiarire che mentre il fascismo nasce da un principio di prevaricazione e da vergognose teorie razziste, il comunismo nasce come un ideale di uguaglianza e di fraternità. […] Il problema consisteva nel fatto che questo semplice dettato non teneva conto che gli esseri umani non sono delle anime buone che vengono corrotte dalle feroci leggi della proprietà privata e dalle ferree regole economiche, ma sono degli esseri simili agli animali, per cui il grosso si mangia il piccolo ».

  Auguriamo ancora lunga vita a questa poetessa e scrittrice, vogliamo solo rilevare che non si può dopo cinquecento anni di dominio coloniale e imperialistico, di oppressione e sfruttamento, di guerre e distruzioni, scoprire che l’uomo è come gli altri animali e che il grosso mangia il piccolo, sapendo di stare dalla parte del grosso, però, ancora alla sua venerabile età e difendere dalle colonne del Corriere della sera lo Stato sionista di Israele che si sta comportando peggio del nazismo.

  No egregia signora noi intanto stiamo in modo incondizionato con la causa palestinese e contro il genocidio di quel popolo, e siamo contro chi è stato grosso finora e non lo aiutiamo a superare la sua crisi, anzi ci adoperiamo per quello che è possibile a contribuire ad aggravarla. 

  Siamo degli illusi idealisti? Ognuno al posto che gli compete! Voi con l’Occidente e i suoi valori da fine impero, noi stiamo al posto che ci compete:

CONTRO LO STATO SIONISTA DI ISRAELE

CONTRO IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE

CONTRO L’INSIEME DELL’OCCIDENTE

Algamica (Alessio Galluppi – Michele Castaldo)

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