Il blog Noi non abbiamo patria invita a leggere la riflessione del compagno Michele Castaldo Mimmo Lucano: parliamone per favore. La riflessione scioglie i nodi della ipocrisia della sinistra istituzionale, politica e sindacale, che si agita contro la pesante pena inflitta a Mimmo Lucano. Chiarisce il piano accusatorio usando i commenti di alcuni campioni della democrazia borghese quali Marco Travaglio (che tanto è di ispirazione a sinistra) e Goffredo Buccino del Corriere della Sera che spiegano al contrario la correttezza della pena inflitta, sul piano giuridico e soprattutto sul piano politico.
Michele ne chiarisce la sostanza: «Ora rubare ai ricchi per dare ai poveri può essere un sentimento nobile, ma non allo Stato che è al di sopra delle parti e gestisce equamente i contributi dei cittadini è il pensiero dei Travaglio e dei Buccini, un conto che lo faccia la Caritas con alle spalle la Santa Madre Chiesa, e mai con l’intento di integrarli, tutt’altra cosa se lo fa un idealista a pugno chiuso che “calpesta” le leggi dello Stato ritenute ingiuste e rivendica i suoi gesti…».
Ma fate attenzione, Michele usa volutamente il termine integrare che sottende come la forza lavoro immigrata debba essere, pro quota e sempre sotto ricatto, essere accolta ai fini del capitale tricolore che ha necessità come l’aria per respirare di una quota crescente di mano d’opera da super sfruttare utilizzando le democratiche leggi dello stato italiano.
Allora, giustamente, Michele chiarisce che il cosiddetto ed inutile modello Riace viene condannato dalla magistratura non per aver organizzato gli immigrati contro il ricatto razzista cui sono sottoposti, bensì «..partendo da un punto di vista opposto a quello dei pensatori borghesi diciamo che la magistratura di Locri ha agito sul piano formale per i “reati” indicati da Travaglio, mentre sul piano reale ha voluto dare una dura lezione a chi si illude di utilizzare le istituzioni democratiche dello Stato per integrare gli immigrati» forzandone però le regole.»
Ora la “colpa” di Mimmo Lucano – dal punto di vista dello Stato – è quella di essersi illuso di poter utilizzare le Istituzioni ed il suo ruolo di Sindaco per alleviare le sofferenze degli immigrati come singoli individui, ma così facendo si è infilato come un topo in trappola nella rete della accoglienza del tutto funzionale agli interessi borghesi di addomesticare la forza lavoro immigrata, rete molto spessa fatta di faccendieri e profittatori dalla faccia pulita delle ONG, delle Cooperative o di quelle Associazioni che gli hanno fatto firmare quelle carte e quelle note spese truccate per cui poi è stato condannato per il reato di associazione a delinquere e truffa ai danni dello Stato (mentre i vari ammaestratori e speculatori sulla pelle degli immigrati girano tranquilli).
Dunque, Mimmo Lucano è punito dallo Stato per essersi illuso di poter usare le sue Istituzioni in maniera sovversiva ma non è questa l’azione per cui Mimmo Lucano vada difeso, bensì è la sostanza politica della condanna che deve essere aggredita come parte della battaglia complessiva contro la guerra senza fine agli immigrati portata avanti dalle necessità del capitalismo in crisi e del suo Stato che ne rappresenta le necessità generali.
Ed qui, se vogliamo, che emerge fino in fondo l’ipocrisia e la vergogna della sinistra politica e sindacale. Dalla sinistra borghese democratica e liberale, a quella più di classe, c’è un agitarsi ed un rivendicare le azioni giuste di Mimmo Lucano denunciando la durezza della pena ed i “due pesi e le due misure” della magistratura borghese.
Ma cari compagni (per coloro che si ritengono tali) Mimmo Lucano di fronte allo sfruttamento ed al ricatto degli immigrati mai si è posto l’obiettivo di indirizzarli e spronarli alla lotta ed alla loro organizzazione. Si è sperticato in artifici burocratici certamente per buoni scopi, ma che inconsapevolmente ha agevolato l’addomesticamento degli immigrati da parte dell’affarismo viscido che campa sulla loro pelle. E se la solidarietà a Mimmo Lucano debba significare tutto questo, allora questo blog se ne tiene lontano.
Quando il 5 giugno del 2003 morì Dino Frisullo, il compagno di questo blog ricevette sgomento la notizia che quell’inossidabile lottatore dalla parte degli sfruttati e degli immigrati venne a mancare. Dino, non era magari un rivoluzionario, immaginava profonde riforme di struttura radicali, e con il quale spesso il sottoscritto era in disaccordo generale. Ma Dino era impegnato in prima persona contro la guerra di aggressione imperialista che si preparava in Iraq e per l’autodeterminazione del popolo Kurdo (che gli fece conoscere la galere Turche nel 1998 – fu liberato grazie alla intermediazione del governo Italiano di centro sinistra, quello stesso centro sinistra che sempre al governo nemmeno pochi mesi dopo ingannò Ocalan e lo consegnò ai servizi segreti Turchi). Proprio per la sua intransigenza e per il suo legame indissolubile con la necessità della lotta degli immigrati ed il suo impegno a favorirne la loro auto organizzazione fu lasciato solo da quelli che lui ingenuamente riteneva potessero essere delle sponde politiche e sindacali alleate, quell’area che andavano dal futuro PD, all’ARCI, CGIL, Rifondazione Comunista e all’arcipelago dell’associazionismo antirazzista bianco, nel tentativo che la lotta dal basso potesse avere più forza nella contrattazione dei permessi di soggiorno per tutti o per la battaglia contro le leggi razziste dalla Turco Napolitano alla Bossi Fini. E questo sua risolutezza nel legame tra battaglia contro il razzismo e lotta autonoma degli immigrati che lo portò ad essere isolato completamente dai suoi pretesi alleati di prima. Molte sere, dopo esserci confrontati e scornati nelle riunioni dei social forum degli immigrati, una volta che i compagni se ne erano andati ci trovammo a mangiare insieme nel centro occupato ospite guardandoci in faccia constatando che per la sinistra bianca c’è sempre un’altra battaglia più prioritaria. Quando morì venne commemorato nei pressi del cimitero degli Inglesi vicino l’Aventino. C’erano pochi buoni compagni ed amici fedeli rimastogli vicini fino all’ultimo. Poi fu commemorato dalle comunità immigrate in lotta del Bangladesh di Roma a Piazza Vittorio (cuore dell’auto organizzazione immigrata e di lotta degli anni ’90 e 2000), sia da quelle più vicine alle strategie e tattiche politiche che il lottatore Dino Frisullo incarnava nel loro nome, sia da quelle sempre in lotta ma concorrenti.
Dino Frisullo ci ha lasciato 18 anni fa e di lui ci rimane in eredità l’insegnamento che è sulla lotta autonoma degli sfruttati e sulla loro organizzazione che bisogna far leva, cocciuto postulato che lo portò appunto all’isolamento da parte della sinistra che contava e di quella che contava poco.
Oggi, di fronte ai fatti che colpiscono l’ingenuo Mimmo Lucano, quella stessa sinistra del 2003, magari cambiando nome e forma, si agita per il suo sostegno. Una campagna nazionale di solidarietà viene avviata dal basso: da settori del PD e della CGIL, scommettiamo anche da parte dell’ARCI, ma anche dai residui della sinistra politica che diciotto anni fa contava poco ed oggi conta ancor meno e da parte dell’arcipelago del sindacalismo di base conflittuale.
Cari compagni se davvero vogliamo batterci contro l’oppressione razzista, che attraverso la condanna di Mimmo Lucano, colpisce gli immigrati rafforzando il loro super sfruttamento ed il loro ricatto e blandendo i lavoratori italiani per rafforzare il loro senso di bianchezza, nel mezzo di una guerra senza fine contro gli immigrati che si rafforza, dal confine tra Texas e Messico, alla piantagione schiavistica del capitalismo tricolore, ai lager a cielo aperto nelle isole dell’Egeo o in Bosnia, e che ancora pochi giorni fa ha ammazzato per il profitto dell’agro business italico l’ennesimo bracciante immigrato Africano nel rogo del ghetto e lager rurale di Campobello di Mazara in provincia di Trapani, è su questo piano di lotta risoluta che servirebbe concentrare le energie possibili. Negli stessi giorni in cui veniva emessa la sentenza contro Mimmo Lucano, i braccianti schiavizzati Africani di Campobello erano già in sciopero e non andavano a raccogliere le olive nei campi per denunciare il loro compagno morto pochi giorni prima. Omar è l’ennesimo bracciante Africano a rimanere ucciso per il profitto, molto spesso il bracciante immigrato viene ucciso a mano armata nei campi perchè colpevole di aver incitato i suoi fratelli alla lotta ed alla organizzazione. Ma queste lotte non trovano al di qua del mondo bianco (sindacale e politico) la necessaria solidarietà di lotta, non valgono un’ora di sciopero del lavoratore italiano o immigrato sindacalizzato combattivo, nessuna campagna nazionale di cassa di resistenza viene sostenuta. Ci si accoda alla ipocrisia dell’antirazzismo democratico ed affarista e alle sue campagne politiche del tutto razziste. Mimmo Lucano non è un eroe martire dell’antirazzismo, bensì un illuso che da queste sirene si è lasciato incantare e se vogliamo sottrarre anche lui alla repressione dello Stato a Campobello di Mazara ed alle lotte nella piantagione capitalistica italiana che dovremmo dare il nostro sostegno incondizionato.
Una opinione su "Mimmo Lucano e l’ipocrisia di comodo. Nel ricordo del compagno Dino Frisullo"