Hunter Brittain di 17 anni è stato ucciso da un sergente di polizia durante un traffic control di routine durante la mattina presto del 23 giugno.
Il giovane Hunter Brittain era disarmato e non aveva alcun atteggiamento “sospetto” quando il suo camion è stato fermato dalla macchina della polizia sulla statele Arkansas 89.
Il sergente di polizia, senza alcun avvertimento o richiesta di mani in alto (hands on) gli ha sparato al collo immediatamente uccidendolo.
Hunter guidava il suo camion per recarsi la mattina presto al cantiere edile dove lavorava come operaio, ma che per prestare il suo lavoro doveva usare il suo camion come strumento.
Durante tutta la notte lavoró sul suo camion che aveva problemi alla trasmissione aiutato da un suo amico di 16 anni. Completare la riparazione era necessario per non perdere una giornata di salario.
L’amico di 16 Jordan King era con lui sul camion al momento del blocco della polizia e durante l’uccisione di Hunter.
Quando l’auto della polizia li costrinse a fermarsi sulla Arkansas 89 sulla strada un po’ scoscesa, il pesante veicolo rischiava di scivolare lentamente all’indietro e urtare l’auto della polizia. Per questo motivo Hunter è sceso dal camion con una piccola tanichetta d’olio da posizionare dietro le route del camion e bloccare lo scivolamento all’indietro.
In quell’esatto momento il sergente Michael David senza pronunciare alcuna parola ha sparato a morte il giovane operaio edile di 17 anni. Immediatamente dopo è arrivata un’altra pattuglia della polizia che ha sbattuto faccia a terra l’amico sedicenne Jordan King, ammanettato e chiuso per tre ore nel retro della seconda vettura della polizia.
Da alcuni giorni gli abitanti e soprattutto i giovani abitanti e ragazze della piccola contea di Lenoka in Arkansas protestano davanti il locale distretto di polizia, intonanto lo slogan che sentiamo ripetere da anni dalle piazze degli sfruttati neri negli USA, ogni volta che un giovane nero viene ucciso dalla brutalità della polizia, la cui violenza è il prodotto determinato del capitalismo razziale fondato sulla oppressione di classe intimamente legata con l’oppressione basata sulle linee del colore:
“NO JUSTICE, NO PEACE!”

Cosa c’è di straordinario in tutto questo?
Hunter Brittain negli ultimi 5 anni era cresciuto con la nonna e nella terra della Arkansas, tra gli stati del Missouri ed il Mississippi, lavorava come operaio edile già da un anno ma con lavori stagionali secondo le necessità degli appalti delle costruzioni.
La cosa “nuova” è che Hunter non era un nero, era un giovane operaio bianco, che la comunità di Lenoke ed i suoi giovani abitanti che in queste ore esprimono la loro rabbia davanti al locale distretto di polizia sono bianchi. L’89% della popolazione della piccola contea è bianca e fa parte di quella classe operaia bianca della Rust Belt che fin qui ha vissuto meglio in virtù della società capitalistica basata sul privilegio della bianchezza assicurando migliori lavori ai bianchi.
Ma così non è più o lo è sempre meno per i giovani e giovanissimi proletari bianchi.
Nel video in fondo (pubblicato da un media alternativo espressione della black middle class) viene raccontata la storia dell’omicidio di questo ragazzo lavoratore, commentando correttamente che se anche i “bianchi” finalmente cominciano anche loro a protestare contro la brutalità e la violenza della polizia, allora c’è speranza. Ma per la black middle class ed i democratici liberali la speranza è riposta nella riforma della polizia.
La speranza c’è, esiste, ne vediamo le prime materializzazioni da una profonda crisi sistemica dei rapporti di produzione e di tutte le relazioni sociali, ma essa vive e si manifesta da un’altra parte.
La polizia uccide senza alcun motivo i neri non perchè non è addestrata! Non si tratta di eredità dell’epoca del Far West da civilizzare.
La polizia e gli sceriffi nascono negli USA come forza armata a proteggere la principale proprietà privata dei borghesi e capitalisti delle piantagioni: gli schiavi. Addestrata a catturarli quando scappavano. E poi come istituzione a difesa della prorietà privata e della oppressione di classe intrecciata sulla oppressione basata sulle linee del colore della pelle, è permeata dalla struttura razzista del capitalismo, che per esercitare la sua oppressione e divisione tra sfruttati neri e contrapporre a loro gli sfruttati bianchi, sono 400 anni che ha sedimentato e prodotto una psicologia sociale di massa dove l’uomo nero, prorio perchè colorato, è in ogni caso un sospetto, un uomo pericoloso.
Cosa sta cambiando allora? Che la crisi generale sta facendo scricchiolare la base materiale per cui i lavoratori bianchi negli ultimi 200 anni e nei primi anni del nuovo secolo hanno difeso se stessi e le proprie condizioni di vita e lavoro nel solco del suprematismo bianco, come elemento naturale del capitalismo, come legge suprematista inviolabile.
Ma per le nuove generazione proletarie bianche non è più così, anche essi ridotti a proletari senza riserve, costretti a lavorare come operai dai 16 o 17 anni di età e privi di garanzie e certezze sul proprio lavoro e sul proprio salario.

Lo abbiamo visto durante la rivolta per George Floyd dove ai giovani neri coraggiosi che bruciavano le auto ed i distretti di polizia, un numero crescente di proletari bianchi si è unito a loro. A Portland, città dove la comunità nera è solo il 6%, proletari neri, sostenuti, fiancheggiati da altrettanti proletari bianchi sono stati fianco a fianco per più di cento giorni consecutivi a sfidare con i loro corpi le truppe della locale polizia e di quella federale.
Ed ecco che anche nelle piazze, a Portland o a Kenosha, anche i “solidali bianchi” vengono uccisi durante le rivolte dalle forze di polizia dello stato o dallo squadrismo della supremazia bianca a difesa del loro privilegio di classe, della proprietà privata e della struttura razziale del capitalismo.

Ed ecco, che se fino a poco fa solo l’uomo nero era in quanto tale pericoloso e sospetto, da spingere l’ufficiale di polizia a mettere immediatamente mano alla fondina, senza alcuna differenza al sesso del nero o all’età del nero, che improvvisamente un giovanissimo proletario bianco diventa anche lui un sospetto e un giovane pericoloso. Qualunque cosa egli faccia davanti ad un poliziotto e ancor più se è giovane, la paura del proletario nero e del proletario bianco esercita una pressione impersonale sulla mano del poliziotto che spara.
Non si tratta di riformare la polizia, ma di incoraggiare, seguire e dare il benvenuto al nuovo mostro proletario meticcio dei giovani senza riserva, neri, latini, indigeni, immigrati e bianchi, di cui, quest’ultimi a Lonoke in questi giorni stanno sperimentando per la prima volta che essere giovani bianchi e “laboriosi operai” non mette al riparo dalla violenza antiproletaria strutturale del capitalismo in crisi.
HUNTER BRITTAIN e GEORGE FLOYD uccisi entrambi dal capitalismo razziale e dalla polizia a difesa della proprietà privata e del suprematismo capitalista della societá di classe fondata sull’oppressione di classe, sulle linee del colore, di genere e della natura.
Una opinione su "Il razzismo sistemico del capitalismo razziale ammazza anche i giovani proletari bianchi"