Introduzione
Recentemente sono apparsi materiali di dibattito a sinistra sulla questione dello stato di emergenza pandemico (imposto al globo terracqueo e alla società umana determinata dai rapporti di capitale generali ed interpretato secondo le linee degli stati capitalisti – specialmente quelli occidentali) che questo blog ha letto in questa fase concitata della narrazione dominante del capitale.
E’ evidente che lo stato di emergenza oltre ad essere una accelerazione di come le forze impersonali del capitale globale, stretto nella morsa di una crisi generale che questo blog ritiene sistemica, ha un suo risvolto anche politico ed ideologico, dove il dominio del capitale sull’intera società si fonda rafforzando la falsa rappresentazione di una società divisa tra chi difende l’evidenza del progresso scientifico e con esso la salute generale della società, e chi individualmente vi si contrappone sostenendo l’anti-scienza e la superstizione. Non ci nascondiamo che in entrambi le due linee divisorie della società che il capitale ne determina la sua rappresentazione ideologica vi siano sia una umanità proletaria e sfruttata che cerca una difesa dalla crisi e dalla pandemia in maniera composita e scomposta, che settori sociali borghesi mossi da bassi motivi di bottega antisociali e indissolubilmente legati a filo doppio col rapporto di capitale.
A lungo la sinistra antagonista e di classe si è trovata in questi quasi due anni nella diffusa difficoltà a riflettere fino in fondo la dinamica reale economica ed il sua determinato risvolto politico ed ideologico come parte di una tendenza generale. Negli ultimi tempi, però, con l’offensiva accelerata degli stati borghesi sulla campagna di vaccinazione di massa, tutte le classi sociali (sfruttati, sfruttatori e ceti medi) sono costretti muoversi in maniera più nitida tra le pieghe di questa tendenza generale e a riflettere sul significato di essa e sulle soluzioni che la società basata sui rapporti di capitale determina e “propone”. Sembrerebbe, ed in conseguenza di questo sommovimento, che finalmente anche nella sinistra di classe ed antagonista si apra un dibattito serio e non di dettaglio sulle politiche della pandemia. Sembrerebbe….
Vorrei ricordare che l’iniziativa vaccinale di massa obbligatoria si manifesta anche negli USA, scomponendo i già incrinati assetti unitari dello Stato Federale dell’Unione e della sua Costituzione, contrapponendo nuovamente gli Stati Democratici pro vaccinazione obbligatoria e quelli neo abolizionisti e oppositori al passaporto sanitario incarnato o dagli Stati governanti dai Repubblicani. C’è da meditare bene tutto il percorso del cosiddetto “abolizionismo dello schiavismo” ed il riemergere delle linee della guerra civile, dove ancora una volta la questione dell’oppressione dei neri viene giocata in maniera strumentale e unitaria dalle forze del capitale da ambo le parti. E qui, per il proletariato oppresso dalla doppia oppressione di classe di razza e quello del nuovo proletariato giovanile che non ha riserve e che sta mettendo in discussione la propria bianchezza,la partita è davvero complicata presentando l’approfondimento di una guerra sociale e di classe aperta di cui l’intero 2020 ed inizio 2021 ne hanno dato qualche assaggio.
All’apparenza si è assistito a due modalità differenti su come questa tendenza generale si sia manifestata secondo le forme della politiche di gestione della pandemia in Occidente e nell’oriente asiatico del capitalismo rampante e contendente la supremazia generale capitalistica al capofila USA.
La quasi totalità della critica di sinistra allo stato di emergenza ha insistito ed insiste sull’uso strumentale della pandemia da parte dei governi occidentali ed italiano, e contrappone alle politiche dei governi di casa nostra il cosiddetto virtuoso contenimento d’acciaio della pandemia operato dallo Stato Cinese la cui politica messa in campo rappresenterebbe per tanta sinistra di classe anche il faro da replicare qui in occidente (sic!).
Ma questa sinistra di classe non vede o fa finta di non vedere che la politica dello stato di emergenza esercitata dagli Stati basata sulle linee dell’oppressione di classe e secondo le linee del colore e dell’oppressione razzista qui da noi, si materializza e si rafforza anche nella Cina, perché essa non è estranea e separata dai fattori generali capitalistici strutturali che lo conformano come un sistema monista ed impersonale sulla scala del mercato mondiale. Anche in Cina il costo più alto della crisi sociale ed economica generata e della gestione politica della pandemia è scaricata principalmente su quelle centinaia di migliaia di lavoratori immigrati provenienti da Africa ed Asia attratti per colmare la necessità di mano d’opera a basso costo (fenomeno immigratorio dall’estero in rapida crescita esponenziale negli ultimi anni perché il serbatoio di braccia offerto della campagna cinese arretrata è in fase di decrescita).
Nelle città del centro e del sud ovest della Cina dove si svilupparono alcuni primi focolai durante i mesi di febbraio e marzo del 2020 (per esempio a Zhengzhou nella regione dello Henan, a Guangzhou e a Shenzen al confine con Hong Kong o in altre metropoli che sorgono lungo il corso del fiume giallo) c’è stata una dispiegata campagna repressiva della polizia e l’azione di settori sociali cinesi dal basso contro la mano d’opera immigrata di origine musulmana o africana, con arresti e retate poliziesche nei quartieri a prevalenza immigrati, aggressioni di civili cittadini cinesi contro i neri, additati come responsabili di aver portato nelle loro città il virus e l’epidemia del covid. Una operazione dal basso e dall’alto dello stato razzista che perfino l’Unione dei Paesi Africani si è vista costretta a protestare energicamente contro la politica razzista dello Stato Cinese nei confronti degli immigrati di origine africana.
Al di là di queste considerazioni che troveranno più ampio svolgimento in una seconda contro replica, questa prima puntata cercherà di sintetizzare tre visioni distinte, divergenti e contrapposte, che caratterizzano il dibattito a sinistra in merito allo stato di emergenza e di eccezione imposte dai governi per i presunti motivi di salute nazionale.
Prima visione
La prima insiste appunto che lo stato borghese fa un uso strumentale della pandemia per attuare il piano degli interessi del capitale e per scaricare ancor di più i costi della perdurante crisi generale (infiammatasi nuovamente nel 2007/2008 ed ora accelerata nell’anno di grazia del Coronavirus 2020) sulla pelle del proletariato lavoratore e sulla pelle degli sfruttati dei paesi dominati dall’imperialismo. Ovviamente, in linea con questa impostazione si dice che i green pass vaccinali sono inefficaci e tendono a nascondere il problema reale, ma….
Con pazienza, se il lettore vorrà attendere, ci arriviamo appena dopo.
Seconda visione
La seconda è ancora più conseguente della prima impostazione nel senso della sua interpretazione dell’antagonismo di classe proletario. C’è una pandemia reale in atto, che sebbene lo stato esprima gli interessi generali del capitale e ne faccia un uso strumentale, il proletariato non può né sottrarsi dalla oggettiva necessità di mettere in campo una azione di difesa della comunità di classe dal virus, tantomeno rifiutarsi di negare la oggettività della scienza e dunque del vaccino obbligatorio e chi lo rifiuta, operai compresi messi al bando dalle mense aziendali delle imprese metalmeccaniche, o quelli minacciati di essere sospesi dalle linee di produzione senza paga, devono essere isolati, denunciati, combattuti come nemici della classe operaia, perché sarebbero vermi soggiogati dalla ideologia borghese false coscienza.
Punti di contatto tra prima visione e seconda visione nel solco della narrazione dominante del capitale e della sua conservazione
Prima di passare alla terza visione, leggendo questi vari materiali, è indubbio che la prima impostazione e la seconda hanno solo delle differenze relative tra loro. Entrambe invocano la necessaria dose vaccinale raccomandata dalla evidenza della oggettiva scienza, sebbene la seconda sia più realista del re senza concedere alcun margine al dubbio, anzi invocando il pugno di ferro della guardia pretoriana (tinta di rosso) contro il proletario che non si vaccina, e contro lo stato definito vigliacco e debole che non sa imporre una legge obbligatoria ma solo un espediente ricattatorio che lascia scampo ai “furbetti” nemici dell’interesse generale (della classe operaia come classe del capitale, aggiungerei io).
Al contrario di questa seconda impostazione, la prima sembrerebbe criticare da destra il green pass, per i secondi essa è cedevole sul terreno del dubbio (“il vaccino non è l’unica arma per sconfiggere il virus prodotto dal capitale…” sostengono i compagni della prima visione), ma in realtà la prima visione è ancor più destra della seconda impostazione affermando che se essi fossero stati al governo o potuto incidere con la forza della classe dal basso le politiche del governo sulla pandemia, avrebbero preteso dal governo lockdown e coprifuoco ancor più duri su tutto l’insieme delle attività umane. Insomma, lo avrebbero fatto secondo il modello cinese (!).
Ma che cos’è il contenimento di una epidemia?
Da un punto di vista del determinismo storico e del materialismo marxista nell’ambito delle varie formazioni sociali storiche che cos’è il contenimento sociale di una epidemia operato da una società costituitasi attorno alle relazioni determinate dalle attività produttive dell’uomo? Come questa azione è legata ai medesimi processi di protezione dagli elementi patogeni messi in campo dalle specie animali? E soprattutto seppure nel quadro determinato dei rapporti di produzione capitalistici, dove l’umanità non ha la possibilità di pianificare un rapporto armonico tra le attività dell’uomo con la natura, come una critica rivoluzionaria anticapitalista dovrebbe affrontare le politiche di cordone sanitario e quarantene allargate?
Laura Spinney nel suo celebre 1918 L’influenza spagnola: l’epidemia che cambiò il mondo nella parte IV del libro L’istinto di sopravvivenza e nel capitolo introduttivo Contenere l’epidemia offre una descrizione davvero brillante da cui qui riporto alcuni stralci significativi:
“Cordone sanitario, isolamento, quarantena: sono concetti antichi che gli esseri umani mettono in pratica da molto prima di aver compreso la natura degli agenti del contagio, persino prima di aver compreso la natura degli agenti del contagio, persino prima di considerare le epidemie un atto divino. Anzi, è probabile che avessimo elaborato delle strategie per difenderci dalle infezioni ancor prima di poterci definire strettamente «umani»….
A lungo gli scienziati hanno considerato il disgusto una prerogativa esclusivamente umana, ma ormai è universalmente riconosciuto come un meccanismo proprio di tutto il regno animale. Il riflesso incondizionato di evitare quel che provoca disgusto, quando il contagio è una minaccia, è stato osservato in molte specie… Come gli scimpanzé, anche i gruppi di umani per millenni sono stati attenti a non passarsi i germi, ma diventando più stanziali si sono trovati costretti a elaborare nuove strategie di difesa dalle infezioni. Il temutissimo cordone sanitario – ovvero quando intorno a un’area infetta viene tracciata una linea che nessuno può oltrepassare – è una misura brutale ma efficace…“.
Lo stralcio sembrerebbe confermare le tesi espresse nella prima visione per cui sarebbe necessario un lockdown definitivo e totale (come in Cina – ma siamo proprio sicuri che questa sia stata la prima strategia approntata dalle autorità dello stato del paese del Dragone Rosso e realizzata dai suoi locali dirigenti statali nella regione dello Hubei ed a Wuhan? Questo blog nutre seri dubbi), cui poi nel rispetto della oggettiva scienza affiancare il contenimento pandemico col vaccino per tutti generalizzato, e coerentemente (visione seconda) applicare l’obbligo della dittatura di classe a chi si rifiuta. In sostanza in coerenza all’istinto di sopravvivenza che il tasso in cattività ha, il piccolo mammifero mustelide per prevenire il disgusto del gruppo sociale verso il componente malato, si chiude all’interno della propria tana bloccandone con la terra scavata il tunnel d’accesso per gli altri e di uscita per sé fino a morte o a sua guarigione.
Quando gli Stati prima latitano e poi in preda al panico impongono la ricetta al livello dell’istinto di sopravvivenza delle specie animali all’intera umanità, e soprattutto in maniera del tutto anarchica e funzionale al profitto, attraverso il cordone sanitario si rafforza il dominio dell’umanità proletaria e sfruttata inasprendo un perenne stato di emergenza (la dittatura democratica del capitale), non è che la richiesta di applicazione di un regime di contenimento e di quarantene più rigido ci elevi verso una prospettiva dove l’auto attività proletaria, agente come comunità sociale umana, ponga le premesse del passaggio dell’umanità dalla preistoria alla storia umana finalmente consapevole ed in un rapporto equilibrato tra le attività produttive sociali ed il mondo naturale cui apparteniamo. Se si soggiace ideologicamente ai limiti che i rapporti di produzione della società capitalista impongono la prevenzione e cura della “salute sociale” nel solco dell’istinto naturale dell’umanità ferma alla preistoria animale, si rimane inchiodati sul piano della conservazione dello stato di cose presenti, sul piano di conservazione del capitalismo.
Nella prefazione allo scritto del 1859 Per la critica dell’economia politica Marx scrive:
“La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell’esistenza il cui complesso viene abbracciato da Hegel, seguendo l’esempio degli inglesi e dei francesi del secolo XVIII, sotto il termine di “società civile”; e che l’anatomia della società civile è da cercare nell’economia politica. Avevo incominciato lo studio di questa scienza a Parigi, e lo continuai a Bruxelles, dove ero emigrato in seguito a un decreto di espulsione del sig. Guizot. Il risultato generale al quale arrivai e che, una volta acquisito, mi servì da filo conduttore nei miei studi, può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle condizioni economiche della produzione, che può essere constatato con la precisione delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo. Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. Una formazione sociale non perisce finchè non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dare corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perchè l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere, perchè, a considerare le cose dappresso, si trova sempre che il problema sorge solo quando le condizioni materiali della sua soluzione esistono già o almeno sono in formazione. A grandi linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono essere designati come epoche che marcano il progresso della formazione economica della società. I rapporti di produzione borghese sono l’ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale; antagonistica non nel senso di un antagonismo individuale, ma di un antagonismo che sorga dalle condizioni di vita sociali degli individui. Ma le forze produttive che si sviluppano nel seno della società borghese creano in pari tempo le condizioni materiali per la soluzione di questo antagonismo. Con questa formazione sociale si chiude dunque la preistoria della società umana.”

Perché signori e compagni cari, se si rimane aggiogati dai limiti borghesi che trattano i problemi generali di salute pubblica e di salute del pianeta aggiornando nell’era del turbo capitalismo imperialista e del coronavirus il millenario istinto naturale del mondo animale, non si comprendono tantomeno si rende possibile l’incoraggiamento delle capacità necessitate di risolvere i problemi che l’umanità può risolvere attraverso non l’invocazione dello stato del capitale ad agire di più, ma tentando una auto attività dal basso per una autorganizzata salute comunitaria dal basso, proletaria, come esperimento possibile. Marx ci fa capire che questo tentativo di affrontare i problemi che l’umanità è in grado di risolvere, sono quelli che il movimento del capitale – il fattore agente della consapevolezza dell’umanità alienata – e le contraddizioni che esso produce, costringe l’umanità ad individuare anche le condizioni materiali per risolvere i problemi in una modalità antagonista al capitalismo.
Che cosa significa questo con la crisi del Coronavirus?
Di fronte al primo urlo di Munch inascoltato, in Cina come in Occidente, è stata giusta la rabbia e l’invocazione “fermate tutto non viene prima il profitto”! Ma non per adagiarsi al livello dalla preistoria umana concedendo poi l’immediata ripresa dei ranghi da parte delle forze del capitale che ci costringono a rispettare lo stato di emergenza come fattore oggettivo immutabile nel tempo e nello spazio.
Ci sarebbe da uscire da dietro le nostre fatiscenti, inutile marce e perfino pretoriane assisi e verificare quei luoghi della pandemia globale dove lo Stato del Capitale non ha potuto o non ha voluto intervenire con il coprifuoco, il contenimento ed il cordone sanitario in quelle comunità proletarie e di dannati della terra ritenuti dopo tutto sacrificabili.
In questi spazi inseriti nella geografia capitalistica si è tentato certamente il contenimento ma non agli ordini e secondo lo schema imposto dallo stato capitale ed attraverso i suoi messi della nuova teocrazia tecno scientifica. Si è provato, nell’isolamento auto imposto, ad affrontare un problema determinato all’infuori delle proprie volontà. La risultante – per come poteva essere – un immediato auto contenimento comunitario, collaborativo, alternativo, responsabile, e consapevole di dover agire al di fuori delle relazioni generali della società in cui essi sono trattati come scarti umani. In sintesi vi sono state realtà che per stato di necessità hanno realizzato una vaga approssimazione di quella auto attività degli sfruttati che potremmo definire di tipo la comune pandemica. Ovviamente sti sta parlando di abbozzi sghembi, non estendibili ma aventi il pregio di non essere stati realizzati attraverso la mediazione dei rapporti sociali che lo stato del capitale realizza per dominare l’intera società alla necessità delle forze dell’economia .
Se si guardasse oltre il piccolo laboratorio che abbiamo sotto la finestra di casa nostra, che pare muoversi sempre uguale a se stesso, e se volgessimo lo sguardo su cosa è accaduto per esempio nelle favelas di Rio de Janeiro, di San Paolo del Brasile o in altri luoghi simili, avremmo notato che a fare la differenza non è stato il contenimento della diffusione pandemica, bensì l’abbozzo di una auto organizzazione sociale di tutti gli aspetti fondamentali della riproduzione della vita, a partire dall’aspetto essenziale della cura sociale. Nella favelas di San Paolo del Brasile, Paraisòpolis, composta da più di 100 mila abitanti discendenti da generazioni di ex schiavi e nel mezzo delle zone residenziali della metropoli brasiliana, la comunità della favelas ha messo in campo una azione di salute preventiva autorganizzata: le donne rimaste disoccupate hanno prodotto più di 300 mila mascherine, così come con i prodotti base hanno fabbricato disinfettanti; squadre di volontari si sono occupati delle famiglie della propria strada anche per l’approvvigionamento dei pasti comunitari. Dopo duecentotrenta giorni del piano “fai da te” a settembre 2020 si sono contati 1158 contagiati e meno di cento morti per il Covid-19. Mentre la metropoli intorno ha contato 317 mila casi e 13500 vittime.
Non esiste nulla di più efficace della auto attività degli sfruttati e della loro auto organizzazione che trasforma la favelas, che lo Stato borghese possa mettere in campo meglio. Nemmeno le cure domiciliari della sanità territoriale delegata allo Stato sarebbero in grado di far meglio – seppure esse siano uno strumento più utile dell’aberrante sanità attuale incentrata sul modello ospedalocentrico (in quanto fabbrica produttrice della merce cura) e farmacologico centrico.
Contro questo necessitato tentativo (che ripeto un abbozzo allo stato sghembo) la stampa internazionale borghese (inclusa quella finanziaria del Financial Times) in tutto il 2020 ha dedicato ampio spazio con l’obiettivo di demolirne l’esperienza, focalizzando la critica sui quegli aspetti reali – ed inevitabili – che in questi tentativi le gang criminali delle favelas brasiliane hanno svolto anche esse un ruolo, che di certo avevano anche l’obiettivo di tutelare i propri interessi criminosi. Ma questo non toglie che a Paraisòpolis per mesi interi la comunità della favelas è stata in grado di scambiare sul mercato capitalistico il prodotto del suo lavoro sociale complessivo (spaccio di droga all’esterno incluso) con l’affitto di una serie di ambulanze necessarie per l’auto organizzazione sanitaria. Si certamente un esperimento che certamente non poteva uscire dal quadro dei rapporti capitalistici e del mercato, quindi non estendibile progressivamente. Ma il tentativo rimanda ad una prospettiva antagonista come risposta al contenimento pandemico dello Stato del Capitale.
E mi accingo ad introdurre la terza visione del tutto renitente al piano vaccinale e di contrasto coerente al piano complessivo dello stato di emergenza fin dall’inizio, che minoritari gruppi di untori antagonisti nel dileggio e tra mille difficoltà, limiti, ed anche incomprensioni interne, però discutono in maniera solidale e provano a portare avanti una battaglia che è innanzitutto praxis, politica e teoria. Questo blog gliene dà atto, rivendicando e sostenendo il succo o la linea prospettica di questi compagni, anche quando ci sono differenze di dettaglio o reciproche incomprensioni, invitando a leggerne l’analisi della pandemia controcorrente apparsa sui loro rispettivi blog e sul contenitore Sinistrainrete, che poi offre spazio grosso modo a tutte a quelle impostazioni che ho sopra classificato nelle prime due visioni.
Spunti dall’emergere critico di una terza visione contro lo stato di emergenza generale e pandemico
Un primo esempio – Appunti (e spunti di riflessione) sulla maledizione pandemica
Il primo testo che invito a leggere è Appunti (e spunti di riflessione) sulla maledizione pandemica del compagno Nicola Casale proposto dai compagni del Nucleo Comunista Internazionalista che potete trovare qui.
Il medesimo testo è poi stato immediatamente e riproposto dai compagni de il Rovescio e lo potete legeere dal loro sito qui.
Ha ragione da vendere il compagno Nicola nei suoi Appunti che, nell’impossibilità di rapporti generali di classe a sfavore, l’aver accettato ogni passaggio della politica di contenimento della pandemia attuata dallo Stato si finisce poi alla passiva accettazione del dogma scientifico come elemento neutro ed indipendente dai rapporti di classe come male minore e dunque la completa passività di fronte all’obbligo vaccinale di massa o a farsene uno sponsor pretoriano o inconsapevole.
Una accettazione che ha trascinato la sinistra di classe o antagonista ad assumere acriticamente il dogma ed il funzionamento della ricerca scientifica capitalista, il vaccino sperimentale e la campagna divisoria attraverso la quale il capitalismo divide gli sfruttati in due campi contrapposti. Coloro che difendono l’interesse generale secondo le necessità capitalistiche e gli anti sociali portatori untori della malattia ed in disprezzo della salute pubblica: che è economia e produzione sana di valore capitalistico.
C’è una consecuzione materiale determinata ferrea tra l’orizzonte del cordone sanitario e la vaccinazione capitalistica di massa all’interno della tendenza generale del capitalismo stretto in questa fase di crisi generale. E il non coglierlo fin dal primo passaggio delle politiche di governance della pandemia, dal primo DPCM (quand’anche criticato perché troppo lasco o perché poco duro, ma comunque delegando allo stato l’azione di tutela della salute della comunità umana sociale), rende impossibile evitare di scendere giù nell’intera catena declinata e finire alla coda degli interessi impersonali del capitalismo.
Non c’è dogma rivoluzionario (marxista od anarchico che sia) che possa evitare l’impotenza di azione, di lotta, di politica e di critica teorica di fronte alla forza economica, materiale ed ideologica della scienza capitalistica di cui il vaccino sperimentale ed il suo uso di massa più esteso è un passaggio necessario per il capitale, ed attuato in barba alla rispetto del determinismo scientifico empirico che l’OMS e la attuale ricerca scientifica tecnologica ne stanno facendo a brandelli. La scienza capitalista appare ai più rigorosi marxisti un elemento neutro ed al di fuori dei rapporti di capitale. Anche le mezze figure umane accreditate dai talk show dei potentati economici, quali l’illustre scienziato professor Crisanti, che in un primo tempo espresse il labile dubbio che non vi fosse un dato di sperimentazione empirico sufficientemente ampio, pubblico ed esaustivo per approvare l’uso dei nuovi vaccini, immediatamente sono tornati a Canossa dicendo mea culpa, meglio questo che niente (della serie speriamo che ce la caviamo). Questa è la dottrina rigorosa del metodo scientifico in voga attualmente.
Il punto di dettaglio che mi discosta (ed altri di lettura spicciola) dagli Appunti del compagno Nicola se volete sta tutto qui: la passivizzazione della sinistra di classe alle coda delle neutralità della scienza, come riflesso di una assenza generalizzata di insorgenza proletaria determinata dalla crisi (ma qualche piccolo fatto nuovo accade), non risiede appunto nell’essersi inchinati fin dall’inizio alla narrazione imposta del male incurabile (da confutare con le statistiche che la rozza statistica capitalistica fornisce), ma risiede appunto sul fatto che ci si è inchinati alla forza materiale del capitalismo che impone con logica conseguenza, per la riproduzione del valore dei rapporti sociali mercificati, il livello della cura della comunità sociale a quello che gli odierni rapporti di produzione hanno forgiato dalla preistoria e che pena se stesso non può mettere in discussione. Così di fronte al fallimento di questa società a prevenire una nuova malattia (terribile o meno terribile che sia), e che affida all’illimitato progresso tecnologico e scientifico la salute dell’economia e della riproduzione delle relazioni sociali e la cura di fronte alla catastrofe ambientale che intanto procede inarrestabile, essa non può far altro che imporre autoritariamente il suo schema primordiale preistorico: coprifuoco e placebo vaccinale di massa come unico orizzonte.
Per il resto la riflessione di Nicola Casale, anche ripresa su sinistrainrete qui, offre una logica di ragionamento del tutto condivisibile nella sua gran parte, che appunto invito a leggere fino alla conseguente considerazione che non curarsi, dileggiare le piazze contro le nuove restrizioni pandemiche ed il lasciapassare sanitario (in una mobilitazione che ha i caratteri internazionali) è davvero grave da parte della sinistra cosiddetta di classe. Poi su come avvicinarle, come indagarle, come intravedere anche le linee di contrapposizione all’interno di un mare magnum all’apparenza interclassista ed indistinto è un’altra faccenda che attiene alla esperienza, alla azione, all’inchiesta ed alla discussione collettiva.
Ma di fronte alla pubblica contestazione e condanna cui questa posizione di Nicola (come di altre sbeffeggiate come “no vax”) viene dileggiata come parte della vulgata “negazionista”, lascio i nodi che ci dividono alle discussioni tra noi, e sostengo il succo del suo ragionamento pubblicamente che è esplicitato dal compagno e che invito a leggere in uno dei tre link a scelta sopra indicati.
Alcuni di testi dai discendenti della variegata galassia dispersa della sinistra comunista italiana contro lo stato di emergenza e la campagna di vaccinazione di massa capitalistica – “Avanti Figliuoli”
Il primo contributo che propongo alla lettura è quello del nucleocom.org (Nucleo Comunista Internazionalista) di inizio gennaio 2021. Oramai si era prossimi al via libera all’uso dei novelli vaccini, nonostante la FDA degli Stati Uniti non li avessero ancora approvati (così come non lo sono ancora), OMS ed Aifa temporeggiavano, ed il contributo, che potete leggere qui, anticipa dove si sarebbe andati a parare, oltre la coltre di un dibattito ritenuto solo tra scienziati rispetto al quale – secondo alcuni compagni – i comunisti non hanno alcun compito di critica rivoluzionaria circa la ricerca ed il progresso della conoscenza nel campo delle scienze dure. “Lasciamo la discussione epidemiologica e dei vaccini agli scienziati” si disse alla assemblea nazionale dei lavoratori combattivi (sic!).
Il secondo contributo del nucleocom.org riguarda la corrispondenza con il compagno Roberto (la potete leggere qui) che ha il pregio di richiamare vari aspetti della questione – presenti anche negli Appunti di Nicola – che in un passaggio correttamente afferma: “Prima ancora della scelta vaccino si vaccino no, dovrebbe venire un senso critico rispetto alla presunta scienza ed al ritenerla un campo neutro ed estraneo alle divisioni di classe. Senza parlare poi degli interessi e la logica perversa che caratterizza l’industria farmaceutica…”. E prosegue con delle considerazioni pienamente condivisibili circa la mistificazione che lo scontro in corso ruota sulla “salute dei cittadini”, dove ogni dubbio anche suffragato da elementi scientifici viene zittito dall’anti-scienza che risiede nei convitati di pietra dei comitati scientifici al servizio dello stato del Capitale.
C’è un ulteriore contributo che propongo sempre tratto dal nucleocom.org, che ripropone come la corrente storica del comunismo internazionalista e della sinistra comunista italiana abbia ripreso la critica marxista rispetto alla oggettività della scienza borghese. Dove per oggettività non si intende una sua neutralità. La scienza e lo studio scientifico è parte delle attività produttive della società degli uomini, che risponde alle leggi del necessario sviluppo dell’attività produttiva sociale. Quindi per sua natura essa non può essere esente di contraddizioni, seppur nel corso delle trasformazioni delle forme e dei rapporti di produzione il progresso della conoscenza abbia determinato rotture rivoluzionarie nel campo delle scienze e nel suo metodo scientifico. Pertanto ne consegue marxisticamente che l’attuale scienza capitalistica non possa non contenere tutte le contraddizioni che i rapporti ed il modo di produzione capitalistico determinano. Contraddizioni e limiti che oggi vengono esacerbati proprio dalla crisi generale dell’accumulazione capitalistica: la scienza capitalista ripiega su se stessa abbandonando lo slancio multidisciplinare; i fattori di dispersione delle risorse e dell’energia (entropia) non considerati affatto nella rincorsa di uno sviluppo tecnologico anarchico; il metodo empirico scientifico ridotto a grezza statistica istituzionale.
Il testo riproposto offre poi elementi di critica rivoluzionaria quando tali rapporti diventano incapaci a governare le sue contraddizioni, ed imbrigliano il progresso umano della conoscenza scientifica in favore della natura e dell’uomo, ma la sottomettono alla conservazione reazionaria del sistema capitale, fino alla realizzazione di strumenti di distruzione di massa delle specie animali, del pianeta e della vita in generale. Il testo che potete leggere è il Marxismo e la scienza borghese (da Programma Comunista nn 21 e 22 del 1968), dal quale viene presentato un estratto che affronta la branca della scienza medica borghese.
E’ una parte che andrebbe ripresa ed approfondita analizzando il campo del nuovo progresso tecnologico volto presuntamente a migliorare le attività umane e la salute degli uomini, come spunto interessante per andare oltre e più a fondo delle intuizioni su Materialismo ed Empiriocriticismo di Lenin che a distanza di 110 anni appaiono oggi necessarie di un suo approfondimento. Tant’è che andrebbe ricordato anche il testo elogiativo di Amadeo Bordiga in Relatività e determinismo – in morte di Albert Einstein per capire come la critica rivoluzionaria alla società del capitale non possa smettere di confrontarsi con il progresso tecnologico sul campo delle scienze dure – e non lasciarlo alla discussione tra scienziati – in particolar modo riguardo le linee prospettiche che il nuovo progresso tecnologico dipana in termini di profonde e più acuite contraddizioni capitalistiche.
Sul solco di questa impostazione marxista i compagni hanno ingaggiato una battaglia politica e pratica (appena possibile) contro la campagna vaccinale obbligatoria già in nuce da mesi. A furor di scienza, a furor di stato, a furor di popolo è uno dei vari testi di schieramento netto contro la campagna di vaccinazione di massa capitalistica che invito a leggere sul loro sito.
Nel leggere la serie di prese di posizioni puntuali circa l’offensiva di classe nel nome della vaccinazione capitalistica di massa c’è la precisa allerta di come certa sinistra oggi sia nella deriva di approssimazione verso la sembianza di guardia pretoriana di classe come classe del capitale.
Alcune riflessioni dalla area anarchica dei compagni de il Rovescio
Sono presenti davvero tanti i contributi che provano ad offrire uno squarcio di critica antagonista alla scienza borghese giunta alla fase iperinnovativa e piena di contraddizioni determinate dai limiti di questa società marcescente ed in scivolamento catastrofico di tutti i rapporti di capitale e dell’uomo produttivo capitalistico con la natura. I compagni non si limitano a declamare che la scienza è funzionale al capitale, loro tentano di affondare l’arma della critica antagonista per come lo sviluppo tecno-scientifico si è definito e per come si sta proiettando. Un lavoro che tanto marxismo ha deciso di abbandonare de decenni.
E’ davvero lodevole lo sforzo di catturare il dibattito tra i cosiddetti esperti scienziati e gli argomenti critici avanzati nelle assisi istituzionali della chiesa della moderna scienza istituzionale, completamente oscurata, e chiunque provi a farvi riferimento viene tacciato come un negazionista del progresso, un no-vax.
Il primo testo, che contiene le riflessioni di questi compagni al margine è Sui vaccini biotecnologici e sull’opposizione mediaticamente modificata che potete leggere qui.
C’è un secondo contributo che i compagni pongono all’attenzione che arriva da dei compagni greci ed apparso sul sito cyberpunk.link dal titolo Storia del messaggero. Ne fanno alcune valutazioni che porto qui di seguito:
“Storia del messaggero ci sembra interessante soprattutto per tre aspetti. Innanzitutto, perché spiega come quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna non siano propriamente dei vaccini, ma delle “piattaforme” biotecnologiche. Poi perché contiene spunti utili per capire anche la geopolitica dei vaccini…”.
Sebbene l’uso del termine “geopolitica” non piace a questo blog, di fatto dietro la coltre che avvolge la questione della liberalizzazione dei brevetti, o l’anomalia cui un cittadino che viaggia da un paese all’altro finisce in quarantena se è stato vaccinato con un siero non riconosciuto dal paese di arrivo, c’è una spietata concorrenza capitalistica in atto indiscutibile. I compagni proseguono nel presentare il testo continuando:
“..Altro aspetto importante sottolineato dai compagni greci è la “crisi epistemologica” in cui si dibatte la biologia sotto la morsa del profitto. Invece di studiare davvero i virus, corre al rimedio più redditizio. Nello studiare il vivente, poi, soggiace alle rappresentazioni socialmente dominanti (il corpo come insieme di pezzi intercambiabili nell’epoca fordista, come flusso di informazioni nell’èra del capitalismo digitale…) e le riversa come tali nelle proprie “scoperte”. Credere che la scienza che produce un vaccino sia “neutra” – e che si tratti tuttalpiù di contestarne brevetti e speculazioni – è un’illusione che ha almeno due secoli di ritardo sulla storia del capitalismo…”.
Come non concordare? Il testo completo tradotto lo potete trovare qui al termine dell’introduzione dei compagni de il Rovescio.
C’è un ulteriore testo che i compagni ricevono e diffondono che da tradizioni politiche differenti da quelle del compagno Nicola aiuta a riannodare i fili della narrazione dominante capital-statale e delle tecnoscienza capitalista, che invito a leggere cliccando sul link Alcune considerazioni su attualità e pandemia.
C’è una caparbietà, che qualcuno può trovare ossessiva, schizzoide, nei compagni del nucleocom.org e in quelli del il Rovescio. Il valore che Noi non abbiamo patria attribuisce al loro sforzo e di non cedere nella superficialità, di seguire il corso di una tendenza generale del modo di produzione capitalistico stretto nella morsa della crisi e che si trova a fronteggiare una situazione oggettiva che riteneva di poter risolvere in una manciata di settimane grazie alla infallibile scienza. Una tendenza che non và solo teorizzata, ma seguita nel vivo di come essa scompone l’interno quadro generale delle relazioni sociali, dei rapporti di classe, si declina nella conservazione del sistema capitalistico. Non ci si tira indietro senza timore di inciampare. Per questo, per chi avesse la pazienza suggerisco anche i seguenti elementi di bilancio sulle attuali mobilitazioni, che ripeto assumono un composito e contraddittorio quadro internazionale, che contiene sia spinte conservative, che possibilità potenzialmente confliggenti con lo stato di cose presenti. Purtroppo la maggior parte della sinistra di casa nostra è pigra ad una vera disamina, si accontenta del terreno confortevole che le è consueto, e si acconcia a liquidare quanto accade nelle piazze di Parigi, Londra, Berlino, Melbourne, Vancouver come una unica Piazza del Popolo di Forza Nuova.
- Sulla mobilitazione contro il lasciapassare – primi appunti
- Alcune valutazioni sulle piazze no green-pass
I commenti di Noi non abbiamo patria
Un primo commento.
Durante la lettura di quanto propone la sinistra in generale ho trovato come contro altare una riflessione sull’emergenza sanitaria pubblicato su sinistrainrete, presentata tra i commenti critici agli Appunti di Nicola Casale: L’emergenza sanitaria e gli emuli di don Ferrante – di Eros Barone.
L’avvio della riflessione inizia con una tesi definitiva fin dalle prime battute: “Quasi 130.000 persone in Italia, oltre 4 milioni nel mondo – molte ma molte di più in numeri reali, ovunque superiori a quelli registrati – si sarebbero vaccinate volentieri se solo ne avessero avuto la possibilità…”.
L’affermazione contiene due postulati insieme ed è figlia dell’idealismo filosofico e dell’immanenza dell’idea Kantiana come elemento della attività critica dell’io.
1) Si presuppone che i morti si sarebbero vaccinati volentieri – non dimostrabile perché sono morti.
2) Che l’attuale novello vaccino li avrebbe salvati, ma tutti e con quale dimostrazione empirica?
Chi si ritiene marxista ma muovendosi secondo i dogmi delle ideologie borghesi, non guarda i fenomeni determinati dalla materialità che emerge dai rapporti economici e dalle relazioni sociali capitalistiche. L’estensore dell’articolo si affida alla idea preconcetta borghese dominante spacciata dalla tecno scienza.
Non si tratta di contrapporre alla soggezione ideologica di Eros Barone una contro teoria dai tratti facilmente attaccabili come “complottista”.
I fenomeni sociali in atto che lui non vede parlano più forte delle querelle sui numeri della pandemia offerte dalle statistiche pandemiche ufficiali.
Un esempio che demolisce l’intera ricostruzione – basata sull’immanenza dell’idea Kantiana – di questo testo alternativo e contrapposto da prima o seconda visione.
Negli Stati Uniti dove la crisi sociale e pandemica è più profonda, che ha già sperimentato negli ultimi 18 mesi fenomeni di insorgenza proletaria e di contro insorgenza suprematista capitalistica da parte dei settori sociali medi (bianchi e anche di black e latin middle class), i black di Washington DC che costituiscono il 45% della popolazione ha subito gli effetti della pandemia peggiori, tre volte più dei bianchi. Il 75% tra malati gravi e morti sono stati tra la comunità black. La stessa falcidia da covid19 è avvenuta a New York secondo le stesse linee di classe e del colore ed anche qui a morire di più in proporzione sono stati appunti i neri. Nei quartieri e nelle comunità black delle due città non vi è famiglia nera che non abbia un conoscente diretto o un familiare che si è ammalato gravemente di covid o ne sia morto.
Eppure a Washington DC, soprattutto tra le nuove generazioni, i neri sono esitanti e riluttanti al vaccino in maniera più decisa di tutte le altre comunità, soprattutto lo sono ancor più dei bianchi.
Solo il 35% dei neri ha preso almeno un jab del novello siero sperimentale o si è dichiarato favorevole alla vaccinazione.
A New York vi è la stessa riluttanza e così nel resto degli States dove circa solo il 25% dei neri si è vaccinato o si è dichiarato favorevole a farlo per il momento. La percentuale di disponibilità alla vaccinazione sperimentale di massa nelle comunità latine è di poco superiore di quella esistente nella comunità nera. Se si considerano complessivamente i settori sociali percettori di un reddito sotto i 50 mila dollari e soprattutto tra chi vive con le paghe orarie più basse circa la metà ha forti esitazioni a farsi vaccinare.
Dunque perché caro Eros Barone tra neri e latini degli Stati Uniti d’America – proprio tra quelli che più sono stati colpiti dalla pandemia – non rispettano il tuo schema ideologico? Perché sono ignoranti superstiziosi, riesumatori di credenze religiose anti scientifiche (ossia non si fidano della nuova scienza=fede nel capitale)? Perché ricordano di come nei decenni le popolazioni nere, quelle incarcerate (prevalentemente tra i detenuti neri) e quelle indigene sono stati trattati inconsapevolmente come cavie umane per il fine della ricerca medico scientifica o dietro misero pagamento e dunque presi per fame? Questa verità che ha caratterizzato lo sviluppo medico scientifico borghese di stampo razzista negli Stati Uniti o nei paesi Africani è una superstizione o fatto scientifico acclarato dai generali rapporti di classe capitalistici?
Avrà qualche cosa a che fare questa forte riluttanza al vaccino capitalistico in queste nuove generazioni di neri, latini e di proletari dalle basse paghe orarie con il lascito del movimento di rivolta del proletariato nero e multirazziale sorto nel nome di George Floyd, seppure nel suo riflusso, che ha riesumato il ricordo dello scempio razzista del passato operato dalla sperimentazione scientifica borghese e appunto grazie alla mobilitazione generalizzata dell’estate del 2020 ha rafforzato la diffida nello stato e nei suoi comitati tecno-scientifici-pandemici?
Ecco qui che il castello di carta del negazionismo antiscientifico, della superstizione costruito attorno a chi non si vuole vaccinare crolla sotto l’evidenza dei rapporti e delle relazioni capitalistiche.
Si può sostenere quanto quel che si vuole, ma lì la guardia pretoriana antiproletaria è in azione e porta le insigne del grande capitale, indossa l’uniforme della black middle classe e delle sue ONG pagate dai “finanziatori capitalisti” per domare e contrastare l’insorgenza proletaria anche attraverso l’opera di convincimento vaccinale. Allora non si può contrastare l’offensiva borghese sul campo, sostenendo come essa si articola, invocando la vaccinazione che giustamente e non a torto i proletari neri rifiutano.
Ce lo spieghi un po’ quella intera sinistra di classe che condivide il succo dell’incipit agli emuli di don Ferrante, che dopo tutto è cosa buona seguire la raccomandazione obbligatoria dello stato alla vaccinazione.
La suggestione complottista delle masse.
Allora che cos’è la suggestione complottista delle masse? Secondo l’ideologia dominante affermata dalla narrazione pandemica del capitale, la società umana è in conflitto interno tra due categorie di persone: gli oggettivi che prendono atto della catastrofe sanitaria ed in nome dell’interesse “generale” confidano nel progresso e nella scienza prodotti dalla società di classe capitalistica. Questa oggettività viene prima di ogni altra cosa sostengono gli Stati ed i loro comitati della teocrazia tecnico scientifica. Dalla altra parte ci sarebbero i complottisti mossi dalla paura dell’individuo borghese, per definizione anti-sociale. Il conflitto sociale ricondotto e spiegato con categorie che nulla hanno a che vedere con il conflitto tra interessi di classe contrastanti.
Viceversa, per chi vuole ascoltare, la suggestione complottista si alimenta di fattori materiali profondi e ben precisi determinati dai rapporti di capitale. Circa la riluttanza al siero sperimentale contro il covid-19 da parte dei neri penso non ci sia altro da aggiungere, ed ogni riduzione di questa attitudine degli sfruttati di colore negli Stati Uniti come negazionista, no vax o complottista è razzismo di classe borghese e sistemico a tutto tondo.
I rapporti di capitale nella fase dell’imperialismo ed in questo momento di ciclo storico di una crisi generale appaiono di contro alla intera società umana come un moloch impersonale dalla forza materiale concentrata ed anti sociale elevata al massimo estremo. Questa sottomissione antisociale viene esercitata su tutte le classi sociali, sfruttati, sfruttatori, ceti medi. Un senso di mancanza di potere nei confronti del moloch che determina e domina tutti gli aspetti della vita e della riproduzione dei rapporti sociali attraversa tutte le classi sociali. Le dinamiche provocate e la disperazione di fronte ad una via di uscita dalla schiavitù dei rapporti di classe capitalistici trova sfogo nelle teorie complottiste. Tutte le nocività e le catastrofi provocate dal capitalismo e che la dura scienza borghese non è in grado di sistemare provoca in chi si sente impotente una scorciatoia ideologica: accade perché vi è un complotto dei poteri forti, insondabili, invisibili in sostanza impersonali. E’ Bill Gates, è Soros, sono le assisi delle oligarchie finanziere, è il club Bilderberg, il vaccino novello non è sicuro, ci vogliono controllare riducendoci ad umanoidi, sono i servizi segreti.

Questo senso di impotenza non accomuna tutti su una identica linea di critica di alcuni aspetti esteriori della dominazione capitalistica. Il fattore di classe e la collocazione specifica all’interno della complessiva divisione sociale del lavoro ai fini della accumulazione del valore determina come questa via di fuga si proietta. Mentre i black americani hanno paura della nuova sperimentazione medica razzista, il ceto medio bianco trumpista è effettivamente convinto che l’elezione alla presidenza degli Stati Uniti d’America è stata scippata (e parliamo di più di 70 milioni di persone). Se fossi un cittadino nord americano e di fede repubblicana il dubbio me lo porrei di fronte al fatto che tutti i network nazionali ed insieme hanno censurato e tappato la bocca al presidente Trump ancora in carica (e come se tutti i canali RAI, La7, Mediaset e Bruno Vespa avessero censurato, interrotto Silvio Berlusconi mandando la pubblicità). Oggi questo settore sociale di ceto medio, per cui la ricetta trumpista della Amerika First non è in grado di proteggere la propria posizione di privilegio anti proletaria e suprematista, reagisce nella conservazione (anche reazionaria) dei rapporti capitalistici anche attraverso le teorie complottiste (basta farsi un giro e leggere le varie teorie elaborate dal gruppo QAnon). In questa teoria del complotto a stelle e strisce e da un punto di classe contro insorgente c’è di tutto: il razzismo non esiste, non è mai esistito e c’è una offensiva dei poteri forti razzista contro i bianchi attraverso l’insegnamento di false teorie nella scuola; i poteri forti vogliono usare i vaccini per modificarci geneticamente, controllarci e dominarci. Ma dalla altra parte c’è un proletariato disgregato per cui il senso di perdita di potenza di fronte al Moloch Capitale – e con la sconfitta di un punto di vista di classe, seppur interno al capitalismo, alternativo che ha caratterizzato il movimento operaio internazionale del ‘900 – che di fronte alla condizione proletaria ridotta alla nuda vita, la scorciatoia della denuncia del complotto trova una ben precisa radice e determinazione materiale. Mentre la sinistra di classe si attarda a sbeffeggiare come una unica cosa il terrapiattismo interclassista e borghese, il fenomeno sociale – che è materiale e economico – non viene affatto considerato. La diffusione di queste teorie di massa è l’altra faccia della crisi generale del Capitalismo che non è in grado di risolvere e tantomeno di governare le sue contraddizioni. Una crisi che genera sfiducia nel progresso scientifico illimitato e salvatore del capitalismo e nell’interesse generale. Dopo tutto, piove sulla calotta artica della Groenlandia e laghi si formano sui ghiacciai a 3000 metri dal livello del mare. Altro che progresso tecnico scientifico nel solco degli elettrodomestici e delle lavatrici.
E’ chiaro l’azione di denuncia del complotto in atto non evolve di per sé in antagonismo rivoluzionario al capitalismo, non pone le basi affinché l’umanità si proponga quei problemi che può risolvere in maniera antagonista al capitale. Ma il punto di giudizio nei riguardi delle mobilitazioni contro la vaccinazione di massa e obbligatoria capitalistica a partire dal discrimine se vi siano dei no vax oppure no, è appunto tutta interna alla narrazione pandemica dell’ideologia borghese, è una azione politica funzionale al Moloch Capitale (e lo è ancora peggio quando il dubbio è corroborato di elementi empirico scientifici).
Il commento di Noi non abbiamo patria di condivisione con il succo degli Appunti del compagno Nicola
Il pregio della riflessione è che richiama alcuni punti nodali della questione l’ho già esposto a più riprese, così come nei confronti dei contributi del nucleocom.org, de il Rovescio e di altri singoli compagni come Roberto o di altri compagni sconosciuti greci.
Indipendentemente dai dettagli che possono dividerci, qui c’è lo sforzo per non farsi travolgere dall’annichilimento capitalistico, mentre in altre impostazioni, nolenti o volenti, si corto circuita alla coda della oggettività della scienza e del metodo scientifico per come essa di fatto è diventata: un guscio vuoto valido solo per la logica del profitto corroborata da quattro statistiche dimostrative. E quindi ripercorriamo i passaggi di sintesi.
1) Che cos’è l’emergenza sanitaria, lo stato di emergenza, dunque l’arma del vaccino contro la pandemia, la vaccinazione obbligatoria di massa o via il ricatto del passaporto sanitario e come questi singoli anelli sono collegati alla medesima catena della riduzione della natura a merce saccheggiata dal capitalismo cui la vita è sempre più la nuda vita funzionale al profitto. Quale è il filo di continuità della narrazione pandemica, eppur contraddittoria, delle forze economiche che governano e dominano il mercato mondiale in occidente (ma anche in Cina dove secondo questo blog la differenza è solo relativa ed apparente).
2) Che non si può essere contrari ad un anello della narrazione dominante senza aggredirne l’intera catena, al di là delle singole interpretazioni sui numeri e sulle statistiche pandemiche secondo il metodo della statistica borghese, cui forse tra molti anni ne potremo venire a capo.
3) che dire il green pass è “inefficace” ma nonostante tutto il vaccino (consapevoli delle “poche” – sempre secondo statistiche ufficiali capitalistiche – ricadute collaterali di breve periodo – ma di lungo periodo?) è utile per salvare le vite all’immediato è come agire durante il tempo di guerra imperialista, costringendo l’internazionalismo proletario a ficcare disciplinato la testa dentro il rifugio anti aereo e a spegnere tutte le luci in ossequio coatto al proprio stato borghese in guerra. Magari al mattino farà capolino una attività disfattista contro la guerra imperialista se le sarà concesso, se la ripresa della produzione per sostenere la guerra lo concederà e se lo sforzo proletario non continuerà ad essere ligio nella produzione bellica affinché la guerra possa finire prima.
4) Che la soggezione al mainstream di tanta sinistra di classe, che qualunque cosa si mobilita nelle piazze è una vittima o colpevole della superstizione reazionaria complottista social fascista piccolo borghese parassitaria, non porta la cosiddetta sinistra di classe manco alla inchiesta, ad indagare ed eventualmente giustamente a sostenere le mobilitazioni no green pass, che non sono tutte uguali a se stesse e sempre composite anche di interessi sociali confliggenti tra loro come in tutti i movimenti sociali di lotta lo sono a seguito della debacle storica del movimento operaio del ‘900.
E questo rifiuto di affacciarsi è fatto talmente evidente che assume a volte il sostegno pretoriano del potere del capitale, cui le sottigliezze sulla “inefficacia del green pass” è solo il velo per coprire lo scandalo. L’azione del governo, degli stati è unitaria, politiche pandemiche incluse. Le varie misure di law enforcement (dagli Stati Uniti, Inghilterra, Francia ed Italia) di controllo sociale e contro il conflitto sociale non sono altra cosa dall’obbligo vaccinale. Non fu la manovra Macron per l’aumento delle accise sul consumo dei carburanti del 2018 sbandierata in nome della protezione dell’ambiente?
La mobilitazione contro l’obbligo vaccinale e contro il rafforzamento delle restrizioni di contenimento assume caratteri internazionali in occidente e si materializza secondo l’esperienza della polarizzazione sociale e del conflitto sociale che ogni paese ha appena sperimentato alle proprie spalle nel recente 2020/2021. Misera cosa possono apparire quelle italiane ma solo in virtù dell’asfittica assenza di una mobilitazione un tantino generale dei lavoratori in Italia da anni.
E’ un rifiuto che non è smosso dal dubbio nemmeno di fronte agli operai buttati fuori dalle mense aziendali, perché sprovvisti della vaccinazione. Il sindacalismo conflittuale nicchia nell’offrire il suo sostegno, alla azione, alla lotta, mentre gli operai anche quelli vaccinati scioperano in solidarietà con i propri compagni operai presunti untori.
In sostanza quella sinistra descritta da Nicola applica una diserzione dalle istanze anticapitaliste che pur si muovono nel sottofondo debole delle piazze no green pass di un occidente esteso ed al di fuori di quelle stesse piazze ma sempre costrette ad esprimersi sullo stesso nodo dell’offensiva capitalistica. Ci si infischia troppo spesso senza problemi degli operai impediti alla pausa pranzo, perché se li si sostenessero si dovrebbe o fare i conti con la propria impostazione politica teorica sballata (il che a questo blog appare quasi impossibile possa accadere) o, al meglio, finire di scimmiottare il collaborazionismo confederale che tutto sommato “il padrone è cattivo ma vaccinatevi”.
Ma che problema c’è, è meglio non curarsene affatto di questa roba. Il punto è che il tempo del coronavirus segna uno spartiacque anche per la lotta di classe. Che ci piaccia o no le contraddizioni improvvisamente esplose attraversano come una ansia alla pancia gli operai ed i lavoratori che intendono reagire. Che nella prospettiva dello sciopero generale del sindacalismo di base del 11 ottobre non vi sia alcun riferimento al ricatto vaccinale nei confronti dei lavoratori è certamente da addebitare alla semplificazione dei lavoratori – in una fase di estrema debolezza – di non dividersi su vaccino si e vaccino no. Ma di fatto questa divisione marcia sotto traccia soprattutto sugli aspetti di salute generale che l’offensiva capitalistica sta sferrando, tra le linee della produzione il nodo è presente come parte della condizione di vita generale proletaria.
Diciotto mesi sono passati ed il proletariato precarizzato della metropoli è sempre più ridotto ad una vita meschina, che lo stato di emergenza – per la pandemia – è di fatto insopportabile. Poi casualmente accade che “feccia coatta e proletaria londinese” dei quartieri dove regna il precariato sociale cronico assalta la sede della BBC durante una estesa protesta contro lockdown e la vaccinazione obbligatoria.
E non ci si ricorda che ad Aprile del 2020, non appena sono esauriti i buoni spesa per i proletari in attesa della CIG o che non ne avevano accesso alcuno, nel quartiere borgata di Primavalle a Roma vi è stata una mobilitazione spontanea per il pane ed il cibo, dove si bussarono forte le porte del locale Municipio. Come non ci si ricorda che nelle borgate della periferia romana lungo la via Casilina file di lavoratori essenziali alle fermate dell’autobus si sono incazzate ed hanno bloccato il traffico perché o la metro C perennemente rotta una volta ogni tre giorni ed i bus costretti a contingentare gli accessi secondo le regole dell’emergenza sanitaria.
Insomma, dopo poche settimane di lockdown salvifico il proletariato ha cominciato a soffrire ancor più di prima. A poco vale invocare tu ci chiudi, tu ci paghi o una legge patrimoniale che faccia pagare i più ricchi: fumo buono per la pipa e per la conservazione della società capitalistica, che di sicuro i riformisti dichiarati sanno meglio fumare rispetto alla sinistra di classe ed antagonista ridotta pressoché alla sua nullità.
Appendice
Movimento operaio e colera, un piccolo esempio
Da il Rovescio – Estate 1973: un’epidemia di colera colpisce Napoli, in particolare, e alcuni comuni pugliesi. Il bilancio sarà di 23 morti accertati, quasi trecento contagi.
Non era passato neanche un secolo dalla devastante epidemia del 1884, quando in Italia il colera uccise 14 mila persone, di cui circa la metà a Napoli, e molti ricordavano ancora cos’era poi successo nel 1910 (in città c’erano stati ben 111 decessi). Di conseguenza, nel capoluogo partenopeo si scatenò il panico e non mancarono le proteste per l’intervento tardivo delle autorità sanitarie. I cittadini non presero d’assalto solo le farmacie e gli ambulatori, alla disperata ricerca di un rimedio. I limoni assursero a elisir naturale contro il batterio. Non se ne trovavano più.
Il bacillo si chiama Ogawa ma fu definito da molti Gava per alludere alle responsabilità della Democrazia Cristiana, il cui governo aveva ridotto la città in condizioni spaventose anche dal punto di vista igienico-sanitario. Così si diffuse il colera, come fu giustamente rilevato da un comitato di lotta sorto in quei giorni: «Da dove è venuto il colera? Sovraffollamento, mancanza di acqua corrente, fogne scoperte [i tristemente famosi “lagni”], immondizie abbandonate nelle strade dei quartieri proletari: questo è il pane quotidiano per i microbi del colera e per quelli del tifo e dell’epatite virale».
Da Noi non abbiamo patria – I Limoni erano introvabili e disponibili solo al mercato nero, i sulfamidici troppo costosi per i proletari partenopei. L’allora Partito Comunista Italiano si fece carico di una iniziativa vaccinale dal basso. Ma di siringhe e vaccino non c’era traccia. Queste vengono offerte dalla marina militare degli Stati Uniti al largo del golfo ed in sosta prima di dirigersi in guerra verso il Vietnam contro il popolo vietnamita.
Si diede colpa alla cozza. Edoardo De Filippo scrisse poco dopo una memorabile poesia, l’imputata.
«Cara còzzeca, tu staie inguaiate»,
decette’o magistrato, «’o fatt’è chisto,
ccà nun te salva manco Giesù Cristo;
o l’ergastolo, o fucilata.
Qui ci sono le prove, figlia mia…
tu hai portato il becillo del colera…
La tua presenza è una presenza nera:
’a gente more all’erta mmiez’a via.
Che’ dici a tua discolpa?». «Ecco vedete…
affunn’ ’o mare ‘a cozzeca s’errangia»,
dicette l’imputata, «e lo sapete…
là ssotto, preside, para l’inferno!
Chello c’arriva ‘a cozzeca se mangia:
si arriva mmerda, arriva dall’esterno!»
Poco dopo Ettore Tibaldi nel dicembre 1973 scrisse L’epidemia di stato di cui riprendo gli stralci messi a disposizione da il Rovescio:
«[…] i giovani militanti dei comitati di quartiere di Napoli parlano già di “uso capitalistico del colera”.
Ne parla persino una fonte “al di sotto di ogni sospetto” (“L’Ora”, 3 ottobre):
“nelle more della prossima stagione estiva, in silenzio, le industrie farmaceutiche, dopo aver perso la prima battuta e aver tardivamente fiutato l’affare, si apprestano a recuperare il tempo perduto, a produrre vaccino su larghissima scala, a prepararsi con diligenza al prossimo appuntamento con il colera. Con grande soddisfazione di tutti: degli industriali farmaceutici, per i lucrosi profitti che ne ricaveranno; della classe dirigente, per le benemerenze derivanti dall’efficiente arma di difesa che verrà offerta ai cittadini; di questi ultimi, per aver finalmente ottenuto quello che si vuole a tutti i costi far considerare l’unico mezzo per un’efficace prevenzione.
Se le cose dovessero andare realmente così, non occorre essere buoni profeti per prevedere che dopo una prima vaccinazione, la cui efficacia è – come è noto – del 50 per cento e dura soltanto alcuni mesi, ne occorrerà una seconda e poi una terza, una quarta e così via, all’infinito. Perché è evidente che, fintanto che non verranno rimosse le ‘vere’ cause dell’insediamento del colera in Italia, l’infezione seguiterà a stagnare e noi tutti dovremo adattarci a convivere con essa, vaccinandoci continuamente, quanto con scarso vantaggio, in perpetua rincorsa con il vibrione colerico”.
La ormai rituale metamorfosi da “salvatore” a sfruttatore è così compiuta.»
[Ettore Tibaldi, L’epidemia di Stato, Edizioni Il Formichiere, Milano, 1973, pp. 29-30.]
Interventi
Come riferimenti a margine riporto due interventi realizzati in un paio di piazze no green pass. Non si tratta di condividere la cristallina correttezza teorica-politica dei due interventi. Non si tratta di mettere da parte le differenze e tatticamente convergere sulle cose in comune. Si tratta al contrario di cogliere le differenze arricchendole attraverso le domande che un processo reale sarà costretto a porsi, che non dipendono da alcuna avanguardia cosciente. Ma se non ci si sporca le mani o non ci si prova davvero, le chiacchiere non servono.