Kenosha, I do mind dying – (Inhabit)
traduzione di Noi non abbiamo patria dal testo pubblicato su ill will il 17 novembre 2021 di riflessione e analisi sul processo a Kyle Ritthenhouse.
Presentazione di Noi non abbiamo patria
Il testo proposto è stato pubblicato da Ill Will ed è del 17 novembre 2021, pochi giorni prima che Kyle Rittenhouse fosse dichiarato non colpevole per l’omicidio di Joseph Rosenbaum e Anthony Huber e per il ferimento di Gaige Grosskreutz il 25 agosto 2020 durante i giorni di rivolta scoppiati a Kenosha a seguito del ferimento di Jacob Blake da parte degli ufficiali di polizia della cittadina del Wisconsin. Giorni di rivolta che riannodarono i fili della insorgenza contro il razzismo sistemico scoppiata a fine maggio dello stesso anno in seguito all’assassinio di George Floyd.
Questo testo è una importante lucida riflessione sullo stato reale delle cose che ha determinato gli eventi di Kenosha, che lascia al movimento degli sfruttati proletari di ogni colore domande su come affrontare l’orizzonte tumultuoso che si appresta. Non è una riflessione nel merito del processo giudiziario in sé, ma della causa a monte che ha determinato la sua precisa attuale rappresentazione.
Pochi giorni dopo, come esito scontato, l’adolescente bianco è stato assolto da tutte le accuse!
La giuria ha sentenziato che egli è innocente, egli era lì di fatto in una azione generosa a supporto dell’impegno della Guardia Nazionale, delle truppe della Polizia della Contea e di altre spontanee milizie bianche provenienti da altre contee tutti in difesa delle “proprietà private” minacciate dai rivoltosi. Ha ucciso quindi per legittima difesa della proprietà privata fondata sul privilegio capitalista dei “bianchi”. La giustizia borghese realizza il suo equo giudizio correttamente guidato dal criterio dello stato di diritto borghese che la società basata sul modo di produzione capitalistico ha determinato per la conservazione delle proprie relazioni di dominio di classe.
Il giudice che ha presieduto la corte del tribunale ha chiarito più volte che “questo non è un processo politico”!
Se l’esito del giudizio è dunque corretto dal punto di vista del diritto borghese (per cui questo blog non se ne dispera), è una infamante falsità affermare che il processo Rittenhouse non sia stato politico. A dimostrare il sottofondo reale del dominio di classe che lo ha assicurato c’è il dispiegamento della Guardia Nazionale a Kenosha in forze ancor maggiore di quelle viste operare durante i giorni del processo a Derek Chuavin condannato per l’assassinio di George Floyd. Così come mai come durante i precedenti processi per fatti simili avvenuti negli ultimi sette anni il processo all’adolescente Kyle ha mobilitato fin sotto l’aula del tribunale segmenti sociali contrapposti a fronteggiarsi di bianchi sostenitori dell’innocenza del giovane e di neri e bianchi uniti che chiedevano giustizia contro il suprematismo bianco e razzista.
Successivamente alla sentanza di non colpevolezza piena, in maniera coordinata ed organizzata il venerdì sera del 19 novembre 2021 a Chicago, Los Angeles, Portland e New York giovani facce nere, bianche e marroni si sono dati appuntamento nelle strade schiumanti rabbia nelle downtown delle città, delle suburb ed exurb metropolitane in solidarietà con la Kenosha infamata.
Grossi centri commerciali e negozi di marchi multinazionali sono stati saccheggiati, Luis Vitton di Chicago è stato “svuotato”, ma i target della rabbia giovanile multirazziale non si è limitata a questi. C’è un istintivo ma ponderato attacco alle cattedrali delle merci, in quei luoghi dove il valore socialmente prodotto ed espropriato si realizza in profitto. Non si saccheggia per una necessità primaria, questo oramai dovrebbe essere chiaro anche agli sciocchi. Si vuole attaccare l’unico anello raggiungibile della catena della produzione e realizzazione del valore capitalistico accumulato da questo proletariato multirazziale che vive nello stato cronico di precarietà ed incertezza.

Certamente una insorgenza effettivamente efficacie ad colpire duramente la catena di espropriazione dell’oppressione capitalistica dovrebbe aggredire gli anelli della catena dell’accumulazione a partire laddove il rapporto del modo di produzione produce quel valore globale messo in vetrina. Ma questa è una utopia che non tiene conto dei fattori materialistici. Quel valore (di Nike, Apple, Luis Vitton, IBM, ecc) in massima parte è prodotto altrove, così come non si comprende la profondità di mutamento della nuova geografica capitalistica che attraverso la selvaggia deindustrializzazione e la realizzazione delle isole toyotiste delocalizzate del just in time hanno prodotto nel corpo proletario. Rimangono i percorsi della lotta attraverso i riot, i saccheggi come modalità e corridoi per questo nuovo proletariato meticcio per stringere relazioni, collegamenti, solidarietà e comunità (ed organizzazione, perché un saccheggio di massa disperso in varie zone dell’area metropolitana richiede sempre un certo grado di organizzazione della massa priva di coscienza). E non solo: solo su questo terreno il giovane proletario bianco può mettere alla prova se stesso, spinto dalla radicalità di quello nero che prima lo vedeva col sospetto di essere in definitiva un alleato bianco ma che non era disposto a mettere in discussione il proprio privilegio di razza che la divisione sociale del lavoro – basata sulle linee del “colore – ha determinato fin dalle sue fondamenta capitalistiche.
Non è un caso che Anthony e Joseph erano due bianchi, ed in queste ultime 24 ore i giovani neri gridano di rabbia per i loro fratelli bianchi uccisi e umiliati dalla giustizia borghese.
Questo è un terreno potenziale della lotta dove la radicalità indomita e storica della ribellione dei neri si incrocia tracimando dietro di se un giovane proletariato senza riserve bianco che potrebbe produrre consapevolezza, o che comunque segnala l’approssimarsi di un nuovo orizzonte della lotta proletaria dopo la sconfitta del vecchio movimento operaio e della classe operaia organizzata del secolo scorso sotto i colpi della crisi sistemica del capitale. La riflessione anonima proposta ci chiarisce perché la ribellione accade con queste forme e modalità, che cosa sottendono i fatti inediti di Kenosha del 2020 e di oggi in tutta la loro drammaticità. Perché questi avvenimenti segnalano un salto di fatto in avanti rispetto alla radicalità dell’insorgenza dei neri nei movimenti degli anni ’60 e ’70.
“…Le exurb del Midwest sono un particolare girone infernale in cui gli incubi del Novecento tormentano i vivi. Le doppie promesse fallite di fuga dei bianchi e i sogni della classe media nera ora si fondono in uno dei terreni più segregati degli Stati Uniti. Quartieri scarsamente illuminati, povertà visibile e una sensazione pervasiva di senza via d’uscita formano l’arazzo culturale di città come Kenosha.
Quanto velocemente questo terreno è diventato una zona di guerra. Lo spargimento di sangue in sé non era una novità: c’erano stati colpi di arma da fuoco dall’inizio della rivolta, con oltre venti morti tra maggio e novembre. Ricordiamo che solo cinque anni fa i veterani neri dell’Iraq a Dallas e Baton Rouge hanno reagito immediatamente. Erano passati solo due anni da quando Chris Dorner aveva causato da solo una crisi in tutta la contea conducendo una guerra non convenzionale e asimmetrica contro la polizia di Los Angeles per la sua corruzione interna e il razzismo. Ci sono centinaia di milioni di armi in America e una popolazione indurita da una storia di sconfitte, guerre infinite e massacri pubblici. Facciamo fatica a dare un senso a Kenosha perché la sua verità è più terrificante delle teorie del complotto.…
…La classe operaia americana avrebbe presto seguito l’esempio. Dopo i compromessi sindacali del dopoguerra, Kenosha fu uno dei tanti in una costellazione di città industriali che vendevano il sogno americano ai lavoratori. Come le suburb e le exurb di Detroit, questo scambio è stato fatto sulla base del rifiuto delle solidarietà di classe e, in particolare, della soppressione di ogni legame tra la lotta di classe e il movimento per i diritti civili. Questa frattura fu solo ulteriormente esacerbata durante i tumultuosi anni Sessanta e Settanta. La posizione reazionaria dell’AFL riassume la debolezza della strategia democratica nell’ultimo mezzo secolo: il ritiro dalla lotta di classe è costato tutto ciò che ha cercato di proteggere. In nessun luogo questo patto catastrofico è più ovvio che a Kenosha.
Incapace di fermare l’ondata di automazione, la fabbrica di assemblaggio di auto di Kenosha è passata da 16000 lavoratori negli anni Sessanta a 6000 nel 1988, quando la Chrysler ha finalmente chiuso il negozio. Nel 2009, solo 800 lavoratori potevano fare poco più che radunare e sventolare segnali dal loro deserto di autostrade e centri commerciali, mentre i CEO di Chysler hanno intascato il salvataggio del governo e hanno posto fine a tutte le operazioni.
Non è un caso che la ribellione di George Floyd sia iniziata nel Midwest, prima di estendersi alle città costiere. La ribellione ha le sue radici tra i nipoti del movimento operaio sconfitto. È stato un incontro atteso da tempo tra persone che lottano da secoli, attivisti militanti ispirati da immagini di ribellione nazionale che sapevano di avere molto da imparare, bande che operano su tregue informali e giovani selvaggi che vivono in un tempo senza futuro...“
E qui si fa riferimento su che cosa sia la base sociale di massa del trumpismo sociale, che non può trascrescere per quella parte proletaria bianca che aderisce al nuovo trumpismo in qualche cosa differente dal suprematismo reazionario se non attraverso un conflitto aperto.
Il resto del pezzo è più cupo, in merito alla prospettiva aperta circa i caratteri di questo conflitto aperto non riassorbibile. Descrive un percorso intricato, per nulla affatto di semplice soluzione, dove le via di fuga “nichiliste” attraverso l’uso autodistruttivo della violenza e delle armi e di come quest’uso possa separarsi dalle motivazioni etiche per cui quella violenza è funzionale alla autodifesa della nuova vita sociale e comunitaria che è costretta ad affermarsi sotto i colpi reali del capitale.
Gli Stati Uniti d’America, il luogo più sviluppato e profondo delle relazioni determinate dal modo di produzione capitalistico è anche il luogo dove le relazioni sociali si manifestano con la più cruda violenza, non come retaggio di un passato, ma per il culmine raggiunto dal suo processo storico di sviluppo. E’ il luogo dove insieme al culto del valore e del profitto ha realizzato una sovrastruttura ideologica di massa basata sulla proprietà privata e la sua difesa armata da parte del singolo cittadino o del gruppo sociale di affinità. Una sovrastruttura di massa che la crisi sistemica del capitalismo ha ulteriormente rafforzato forgiando una psicologia di massa che si muove dal culto della violenza alla cultura della guerra, che nell’ingovernabilità della sua crisi tende come contro insorgenza di ingabbiare i conflitti sociali e di classe futuri (come lascia riflettere il testo) secondo una dicotomia tra cittadino o terrorista, che il processo a Kyle Rittenhouse ha messo in scena. E’ un’America già abbondantemente divisa a metà su tutte le faglie delle contraddizione generale capitalistica che si aprono come voragini: la perdita di leadership nello scenario plasmato dal dopoguerra che scuote le consolidate mediazioni tra le classi sotto l’egida delle divisioni secondo le linee del colore, la delusione per i sacrifici e le ritirate delle guerra infinite, la pandemia e le sue contraddizioni sanitarie, i folli massacri pubblici nelle scuole e nei luoghi di socialità gentrificata, la violenza economica e razziale. Una dicotomia in cui scagliare in un scontro civile e violento privo di quel valore etico e politico di classe, che verrà condotto piuttosto che nella retorica della guerra civile del passato storico o con le bandiere dell’antifascismo contro il fascismo del passato recente, nel suo riadattamento temporaneo tra liberalismo/libertà e governance tecnologica totalitari. Gli interpreti sono interscambiabili tra “destra” e “sinistra”.

La possibile via di attrazione a questo preludio è data proprio da una necessità insopprimibile a dover e voler continuare a reagire con l’autodifesa alla violenza generalizzata dello Stato e della destra sociale cui l’improvviso e a sbalzi movimento multirazziale degli sfruttati è continuamente sottoposto.
“…Dopo il lungo 2020, la posta in gioco sembra più alta. Kenosha mi suona nell’orecchio ogni volta che sparo il mio AR. L’estate fatale ha restituito uno spettro di forza alla politica dei giornali, con la pandemia un costante promemoria della fragilità di tutto. Le linee guida in America continuano e ci siamo tutti uniti alla mischia.
C’è un futuro non così lontano in cui tutte le centinaia di milioni di armi negli Stati Uniti, tutti i nuovi negozi di armi di sinistra, tutti i LARP dei tiri al piattello e la pratica del fuoco di copertura e delle esercitazioni di combattimento ravvicinato, daranno origine a una situazione ancora più sanguinosa di quella che si è sviluppata nel 2020. Se il liberalismo al centro del possesso di armi americano continua a infettare e avvelenare la crescente cultura delle armi “di sinistra”, allora gli adolescenti disamorati simpatizzanti della sinistra potrebbero essere spinti a commettere atrocità nichilistiche simili a quella delle loro controparti 8kun. Non è questo il terreno su cui vogliamo combattere. In questo futuro, la violenza continua a essere pornografica e le questioni etiche alla base dell’uso della forza rimangono senza risposta.
Se la nostra immagine della guerra non può spezzarsi con una fantasia di annientamento, ci troveremo sempre a lottare per afferrare una tragedia da noi stessi creata. Esiste invece un mondo in cui non si fugge dalla violenza – dove i guerrieri sono chiamati alla guerra – ma dove quella disposizione verso la morte è un prolungamento della nostra celebrazione di una vita eccessiva ed esuberante? Come possiamo affrontare con sobrietà il futuro oscuro che ci attende, continuando a celebrare lo spirito del 28 maggio, la notte in cui è bruciato il Terzo Distretto?“
In sostanza si vuole far riflettere e ci si domanda come il trascinamento dentro uno scenario di violenza possa non far perdere di vista la sua ragione “etica” che sottende alla necessaria autodifesa che non esclude la violenza per cui ancora oggi viene celebrato l’incendio del Terzo distretto di polizia di Minneaopolis dello scorso 28 maggio 2020?
Se si determinano milizie spontanee in difesa reazionaria dello stato di cose esistente, affondando nella sovrastruttura ideologica di massa circa il diritto all’uso ed al possesso delle armi, questa stessa sovrastruttura sta permeando settori di proletari neri e bianchi a seguire le stesse mimiche. È un fenomeno sociale che rischia di diventare a-politico tra generazioni di nuovi militanti insorgenti neri e bianchi alienati dal movimento delle masse. Segmenti sociali che si distaccano dalla massa che si compone nelle battaglie e nelle proteste di massa di strada, attuando un professionalismo armato di autodifesa ed addestrato alle tecniche militari e nei campi di tiro per la gioventù antirazzista e anticapitalista. Non è più un esercizio che possa riproporre la riedizione utile dell’autodifesa armata del Black Panther Party contro la violenza dello stato e della polizia. Rischia di diventare qualcosa che spezza in negativo la necessaria domanda e risposta all’autodifesa proletaria di massa. È una questione “etica”, ci dice il testo proposto, che effettivamente è già emersa lo scorso anno a Portland quando la rivolta contro il razzismo sistemico si è dovuta confrontare sotto il triplice attacco della polizia del sindaco giovane sindaco democratico Ted Wheeler, delle forze speciali federali del DHS di Trump e William P. Barr e delle carovane dei suprematiste della middle class bianca (generalmente intesa). Come realizzare la necessaria autodifesa degli sfruttati e dei razzializzati? Portare in strada un mitra e metterlo in bella mostra ai margini del corteo, o indossare una rivoltella nei pantaloni e far sapere a chi ti sta vicino che in caso ci si possa proteggere? Come l’autodifesa militante possa non separarsi dalla auto attività della massa che lotta ed alienarla a funzioni di corpi militari scelti? Questa non è una questione di tattica militare, è una questione che ogni rivoluzione sociale si è trovata ad affrontare.
La dinamica in cui Kyle Rittenhouse potè facilmente ammazzare due ribelli bianchi antirazzisti durante la rivolta dei neri a Kenosha è emblematica. Kyle stava lì ai margini del corteo seguendolo passo passo come mostrato da diverse registrazioni visive delle telecamere di sicurezza. Si poteva pensare fosse uno dei “nostri”, uno di quei giovani esuberanti che hanno iniziato a scendere in strada col mitra in spalla come presenza difensiva dei rivoltosi. Poi o qualcuno lo riconobbe per averlo visto qualche mezz’ora prima ricevere rifornimenti di acqua dai militari della Guardia Nazionale o davanti al Dipartimento di Polizia (di fatto definendolo come uno delle milizie bianche a supporto della Thin Blue Line dello stato e della polizia), oppure perché si precipitò con mitra spianato alla prima vetrina scassata di uno shop nei pressi di una stazione di benzina.
Smascherato il suo ruolo di infiltrato pronto ad agire armato (non isolato ma aggregato insieme ad altri) a difesa di qualsiasi proprietà privata attaccata, il diciasettenne Kyle ha sparato tre volte ed ucciso due volte. Questa è la reale ricostruzione dei fatti e la giustezza della etica borghese per cui lui è “innocente” in quanto ha agito per legittima difesa (dello stato di cose presente). Ma questa realtà svela anche l’incongruenza circa come possa determinarsi l’autodifesa in uno scenario di quasi guerra di classe, dove il non aver sciolto la questione dell’autodifesa esponga le masse in lotta. La risposta a questa domanda non è di tipo tecnica organizzativa, ma è di tipo etica nel senso di politica e di prospettiva della lotta di massa degli sfruttati ad ampio raggio e sulla necessità di svelare la falsa rappresentazione del conflitto che le forze economiche che ci dominano determinano, facendo emergere la ragione e causa profonda del conflitto in insorgente atto: la rivoluzione sociale attraverso la lotta rivoluzionaria abolizionista del razzismo sistemico capitalista contro la violenza e l’oppressione del capitalismo razziale.
“…In un certo senso, la cultura delle armi di sinistra che è cresciuta dal 2020 si concentra sulle sue debolezze politiche piuttosto che sulla forza della tecnica. Anche se è vero che “ci teniamo al sicuro”, prendere le armi cambia il tuo orientamento al mondo in modi più fondamentali della capacità di proteggere te stesso o la tua comunità. Devi convivere con la capacità della violenza, un’appendice che avrebbe dovuto essere amputata da noi molto tempo fa. Devi essere responsabile e tendere a questa capacità, esercitando la tua tecnica, pulendo e mantenendo le braccia e affinando il tuo talento. Allo stesso modo c’è qualcosa che va ben oltre il punto in cui si posiziona una museruola. Come usare una tecnica è una questione etica. Rispondere a questo in pratica ti collega a un mondo.
Questo attaccamento è il modo in cui anche le tecnologie ci usano sempre. Non abbiamo solo bisogno di aggiungere tiri al piattello e occhiali per la visione notturna al nostro repertorio per prepararci alla guerra civile, un impulso verso il quale le tecnologie che prendono la vita ci spingono. Invece, una dimora robusta nel mondo delle armi potrebbe significare anche vedere attraverso la pistola il suo altro lato: vivificante...“
E’ ovvio che qui è espressa la riproposizione di una domanda la cui risposta è al momento impossibile, che non potrà trovare soluzione reiterando programmi, organizzazioni e strategie che sono l’orpello inadeguato di un ciclo passato del conflitto e dello scontro di classe.
Rimane la rappresentazione reale di un processo penale ancor più lievitante di materiale incendiario di quanto lo è stato quello per l’assassinio di George Floyd e di Breonna Taylor ancor prima. Tanto più che Kyle Rittenhouse è stato assolto, mentre i poliziotti assassini di Breonna Taylor non sono stati nemmeno incriminati e portati a processo per omicidio.
Questo processo ha queste caratteristiche più accentuate non tanto perché Kyle sia stato assolto. Le ha soprattutto perché si tratta dell’assoluzione con formula piena per l’assassinio due giovani bianchi antirazzisti durante una rivolta dei proletari neri. Non si poteva condannarlo, perché qui il livello della contraddizione è più incandescente. Si “concede” quasi d’obbligo condannare un poliziotto bianco per aver intempestivamente ucciso un povero uomo di colore a causa del suo “retaggio culturale dell’America schiavista”(come amano farci credere gli spacciatori di questo società come il miglior mondo possibile). Ma non si può condannare il bianco quando esso uccide altri bianchi che combattono trascinati dai neri contro il razzismo sistemico, c’è un monito da inviare chiaro al proletariato bianco la cui bianchezza scricchiola e per cui non debba scendere come complice a fianco dei neri. Biden ed i Democratici che alla maniera del razzismo liberale si sono schierati con le ragioni giuridiche dell’accusa, hanno immediatamente dichiarato che il pronunciamento unanime della giuria popolare deve essere rispettato, che la sentenza racchiude la giustizia democratica e costituzionale.
Allo stesso modo è stato necessario infliggere la condanna più pesante per l’incendio del terzo distretto di Minneapolis del 28 maggio 2020 proprio a quel ventitreenne bianco Dylan Shakespeare Robinson.
La compagna Silvia Baraldini, cresciuta nella società americana e nelle università del Wisconsin, che ha sopportato con orgoglio e coraggio la galera razzista degli Stati Uniti d’America per lunghi anni, ancora un anno fa nel commentare la rivolta di George Floyd e nel proporre la sua riflessione si riferiva a se stessa come una solida “alleata” dei neri nella loro lotta rivoluzionaria di liberazione. Sappiamo bene che lei è stata ed è qualcosa di più di una semplice “alleata”. Ma l’aggettivo qui è conforme al paradigma generale sostanzialmente corretto per cui i movimenti giovanili dei bianchi e della classe operaia di quell’epoca si configuravano come “alleati” e non “complici” dell’insorgenza dei neri, perché alla fine sottomettevano le finalità della lotta dei neri alle superiori (supreme?) necessità della lotta dei bianchi. Dato di fatto per cui la storia militante di Silvia stessa – sebbene una vera eccezione – non fa la regola.
La sera e la notte di Venerdì scorso i neri hanno di nuovo riempito di rabbia le strade di molte città. Non è importante se si sia trattato di un “momentum” di una sola notte. Il taglio netto col passato che si apre verso un orizzonte nuovo è tracciato ed ancor più evidente a seguito dei fatti di Kenosha. I neri iniziano a lottare ed insorgere perché anche le white insurgent lifes matter, perchè le vite dei ribelli traditori della razza bianca contano al di là delle linee del colore imposte dal capitalismo razziale, perché il sospetto lecito nei confronti “dell’alleato” sempre più in questo anno e mezzo ha visto la constatazione pratica di una presenza reale di un “complice” bianco. Qui il cambio dell’aggettivo segue l’inizio del cambio della sostanza nel rapporto tra proletariato nero e bianco. Perché una nuova generazione di proletari bianchi è costretta a muoversi come complice e non più come alleato anche per salvare se stessa. Questo è davvero il Santo Graal svelato del nuovo mostro proletario… per una notte sola? …E poi?

Kenosha, mi dispiace morire – Inhabit (da Ill Will)
Il processo
Il 25 agosto 2020, Kyle Rittenhouse ha ucciso Joseph Rosenbaum e Anthony Huber e ferito Gaige Grosskreutz. Non è il soggetto di questo saggio e, se potessimo, eviteremo di menzionare il suo nome. Il centro di questa storia sono tutti coloro che hanno preso parte alla ribellione di George Floyd, una rivolta composta da migliaia di manifestazioni e centinaia di rivolte negli Stati Uniti. È stata questa composizione ad infiammare il cielo durante quelle notti selvagge a Kenosha l’anno scorso, ed è dall’interno della forza di questo evento che parliamo.
Kenosha è un punto di ebollizione in questa storia. Tre notti di rivolte in questa città del Wisconsin sono state il dono che la ribellione ha condiviso con un ordine razzista che ha sparato sette proiettili della polizia a Jacob Blake il 23 agosto. Se Rittenhouse figura in questa storia, è solo come un sintomo: il figlio di un ordine in declino che ha ereditato l’ansia del rapporto di proprietà. Com’è giusto che un adolescente spaventato, aggrappato alla sottile illusione della linea blu, faccia il lavoro di ordine per una società bloccata nell’infantilismo perpetuo.
Il verdetto di Rittenhouse è atteso da un momento all’altro, ma la vera prova della nostra epoca è solo all’inizio: le forze forgiate negli incendi della scorsa estate rimarranno fedeli allo spirito della ribellione di George Floyd? Riusciranno a scorgere le tempeste che si avvicinano all’orizzonte in tempo per agire di conseguenza? In ciò che segue, cerchiamo di fare entrambe le cose: guardare indietro nell’evento, ricordare ciò che era potente in esso, e così strappare la sua memoria dalle fauci della legge; ma anche per leggervi segni di un futuro che deve ancora venire.
La nostra ipotesi è che, guardando indietro a questi eventi, le generazioni future vedranno in essi non un “ultimo sussulto”, ma un salto, un momento di transizione nel regime di potere che attanaglia questo paese. La verità dell’evento è la verità di un mondo che usa la violenza come mezzo per cambiare pelle. Ciò che le battaglie a venire devono trarre dalla rivolta non è tanto la sua forma quanto il suo spirito. Soprattutto, devono evitare le trappole che ha teso a tutti noi.

La lotta e la presa
Lo spirito della ribellione di George Floyd ha animato le rivolte di Kenosha fin dai primi istanti. I video virali del mattone che ha mandato a terra l’ufficiale che ha risposto, o la Molotov lanciata dalla folla che si è radunata spontaneamente sulla scena della sparatoria di Jacob Blake, hanno attinto a una crescente impavidità da parte delle persone che stavano crescendo a livello nazionale. La determinazione quella prima notte fu elettrica. Sembrava un lavoro incompiuto di sette anni fa, quando #Ferguson dominava i nostri feed. Ogni misura presa dalla polizia per sedare la rabbia è stata respinta contro di essa. Uno dopo l’altro, i camion della spazzatura con cui la città ha cercato di bloccare l’accesso al tribunale sono stati trasformati in barricate in fiamme dalla folla indisciplinata. L’infrastruttura progettata per pacificare la folla è stata convertita in una fonte del proprio potere – un’inversione della contro-logistica della polizia. Battaglie campali e distruzioni vaganti continuarono fino all’alba.
Possiamo ancora sentire l’eco di rocce e bottiglie che risuonano contro l’armatura dei poliziotti vestiti dalla loro selvaggia forza della seconda notte. Una folla di un migliaio di persone fuori dal tribunale stava tentando di disperdere la linea della polizia, scambiando flashbang con fuochi d’artificio, quando una certa esuberanza e ferocia ci ha travolto.
In questi giorni, ogni volta che le rivolte da qualche parte colpiscono le innovazioni tattiche, la lezione viene ripresa in tempo reale ovunque. Di conseguenza, le tecniche del black bloc che si diffusero come un meme vent’anni fa sono ora diffuse attraverso l’intera manifestazione. Come gli adolescenti neri di Chicago che hanno indossato le maschere di Guy Fawkes a Ferguson dopo aver testimoniato a Occupy, gli ombrelli, gli scudi e gli elmetti di Hong Kong ora appaiono in ogni angolo della manifestazione.
In alcune città più grandi la scorsa estate, sembrava che i termini e le condizioni della protesta fossero stati decisi in anticipo. Ma durante le prime tre notti a Kenosha, non c’erano leader o attivisti neri formati nell’alleanza per autorizzare il motivo o il modo in cui qualcuno vi partecipava. Non c’era una leadership attivista da mobilitare, e nessuno si preoccupava di sopprimere la rabbia degli altri: niente inginocchiamento, niente poliziotti bravi, niente manifestanti cattivi. Tutti erano i benvenuti a combattere, in qualsiasi modo essi si sentissero a loro agio.
C’è qualcosa di unico e completo in questi momenti, un interludio che sospende la nostra insicurezza e paranoia individualistica. Più mettono alla prova il loro coraggio, più le persone iniziano a ripensare al loro ambiente, creando armi di fortuna e strutture di difesa ad hoc. Ma sotto la necessità tecnica di afferrare gli strumenti in movimento e i controlli istintivi, c’è un’altra verità su cui è importante insistere: un’esperienza condivisa può forgiare molto rapidamente il potenziale per mettere la vita in comune. Il modo in cui ti muovi tra la folla in questa situazione sembra impossibile durante i momenti senza agitazione, come è normale e persino sereno al loro interno. È in questi “reali stati di emergenza”, mentre il vecchio contratto sociale crolla, mentre il disastro espone l’incompetenza del governo e mentre una rivolta impone la sua nuova polarità che iniziamo a identificare i nostri bisogni e la nostra sicurezza con coloro che ci circondano. Le persone formano legami senza sforzo e sulla base di un contatto reale. C’è una certa facilità con cui cadiamo nelle cure di una comunità improvvisata e pericolosa.
Più o meno allo stesso modo, eventi come Kenosha complicano le ipotesi razzializzate. Non è solo la legge che sembra evaporare: all’interno della rivolta, i codici razziali della nostra società iniziano a funzionare male. Se l’impatto della pianificazione urbanistica dopo gli anni Sessanta è stato quello di strumentalizzare l’architettura e le infrastrutture come mezzi per concretizzare e confermare materialmente la linea del colore, allora attaccando l’urbanistica e le forze dell’ordine che impongono questa segregazione del paesaggio, questi eventi eccezionali possono aprire un spazio di comunione attraverso le linee razziali. Nel calore degli incendi a Kenosha, la località e l’etica hanno sostituito la razza come base di ogni incontro immediato. Da un lato, avevi maggiori probabilità di essere confrontato con il sospetto se non fossi del quartiere; eppure avresti avuto la stessa probabilità di essere accolto a braccia aperte se sembrava che si adattasse all’immaginazione di qualcuno di “Antifa”. La stessa persona che ti ha fatto l’occhio laterale in precedenza starà con te una volta che avrai chiarito che hai la pelle nel gioco.
Questi momenti sono trasformativi in un senso reale. I bianchi nati in una vita lontana dalla violenza, che potrebbero vergognarsi della loro mancanza di connessione con l’esperienza nera e latina, o a cui è stato insegnato a compiacere la polizia e a temere l’oscurità, incontrano il desiderio nero sul terreno condiviso della resistenza alla prigionia. Allo stesso modo, i neri che hanno conosciuto solo i bianchi come razzisti, o che potrebbero conoscere una manciata di bianchi “down” ma ancora un po’ sciocchi, sono ora spinti in un territorio inesplorato. Per imbattersi in bianchi con una disposizione a combattere nello stesso momento in cui sono confrontati con altre persone di colore che agiscono come pagliacci e tentano di reprimere la rabbia della folla – tali incontri possono abbattere idee eccessivamente semplicistiche di identità fisse, sia che la figura bianca sdolcinata raffigurato in commedie nere o il soggetto rivoluzionario della tradizione radicale nera. Il risultato è un cocktail contraddittorio di “pessimismo e ottimismo, specifismo e universalismo” totalmente contingente a una delicata miscela di violenza antisociale e sociale, che ha il potere di scuoterci momentaneamente dall’incubo razziale. “Il terribile dono mantenuto era quello di raccogliere in comune i sentimenti espropriati…”.
Per le strade quella seconda notte, le persone si guardavano l’un l’altra, ricordandosi a vicenda di indossare una maschera, gridando “copriti la faccia!” quando il vetro si stava rompendo e controllando che le telecamere fossero spente. Senza nessuno che impartisse ordini o dicesse alla gente come sentirsi, cosa fare o dove andare, i bisogni del corpo collettivo erano facili da individuare e prevedere. Sconosciuti completi si sono offerti e hanno chiesto aiuto in modo intuitivo. La fluidità di questo cambiamento mostra quanto sia facile per le persone agire di concerto una volta che è stato stipulato un patto tacito sul tipo di libertà a cui stiamo partecipando. A un certo punto, una carovana di auto stava coprendo la folla in strada in modo che i gatti non potessero entrare nell’isolato. Ciò che le persone hanno deciso di fare in quell’improvviso momento di libertà non è ciò che conta. Se la proprietà viene distrutta, si riflette semplicemente su ciò da cui le persone creano questi spazi di libertà. Tali atti sono sempre infinitamente più gentili di ciò a cui servono come risposta.
Al contrario, dove i megafoni competono tra loro per pronunciare lo stesso discorso, o gli attivisti tentano di costringere una folla alla sottomissione, emerge una sorta di settarismo etico che frattura la comunità improvvisata. Coloro le cui inclinazioni si allineano si muovono in sincronia, ma il tessuto dell’esperienza comune è ora lacerato dalla sfiducia. Lo stesso vale quando la polizia esegue dei passaggi d’urto con i loro bearcats [n.d.r nello slang vestiti di ferocia, come orsi], o un gruppo di attori armati non statali riempie il mare in cui un adolescente amante dei poliziotti può nuotare: la comunità fuggitiva si scheggia e la situazione si ricalibra con più acuta e bordi più ostili.
In quella seconda notte, i legami nati dalla ribellione erano ancora forti. Quando la folla ha raggiunto l’edificio del Dipartimento di Correzione, il fuoco del negozio di mobili ha cominciato a illuminare la distanza. La mancanza di leader nominati lasciò il posto a generosi eccessi. I mortai pirotecnici illuminavano l’oscurità e la facciata era ricoperta di slogan: “Ci senti ora?”, “Demolizionismo carcerario adesso”, “Rusten Sheskey hai fatto questo”. La carovana arrivò, suonando esultante musica, urlando e ridendo, i motociclisti appesi ai finestrini. Qualcuno ha sfidato la folla a “bruciare quella merda!”, Un appello è stato accolto con applausi. Il vetro della porta d’ingresso è stato rotto, buttato fuori a calci e figure mascherate sono entrate nell’edificio. Le porte laterali sono state forzate e altri hanno seguito l’esempio. Il DOC [n.d.r. Dipartimento di Correzione Carcerario] brucerebbe a lungo nella notte – un microcosmo di questo particolare inferno sulla terra, ora consumato in un inferno rivelatore. Mentre la folla si allontanava, un festaiolo esclamò: “Non vedrò mai più il mio PO!” [n.d.r. Posto di lavoro assegnato nel sistema carcerario].

L’inferno americano
Le exurb del Midwest sono un particolare girone infernale in cui gli incubi del Novecento tormentano i vivi. Le doppie promesse fallite di fuga dei bianchi e i sogni della classe media nera ora si fondono in uno dei terreni più segregati degli Stati Uniti. Quartieri scarsamente illuminati, povertà visibile e una sensazione pervasiva di senza via d’uscita formano l’arazzo culturale di città come Kenosha.
Quanto velocemente questo terreno è diventato una zona di guerra. Lo spargimento di sangue in sé non era una novità: c’erano stati colpi di arma da fuoco dall’inizio della rivolta, con oltre venti morti tra maggio e novembre. Ricordiamo che solo cinque anni fa i veterani neri dell’Iraq a Dallas e Baton Rouge hanno reagito immediatamente. Erano passati solo due anni da quando Chris Dorner aveva causato da solo una crisi in tutta la contea conducendo una guerra non convenzionale e asimmetrica contro la polizia di Los Angeles per la sua corruzione interna e il razzismo. Ci sono centinaia di milioni di armi in America e una popolazione indurita da una storia di sconfitte, guerre infinite e massacri pubblici. Facciamo fatica a dare un senso a Kenosha perché la sua verità è più terrificante delle teorie del complotto.
Le origini di Kenosha danno il tono alla sua sordida storia. Nel 1830, i Potawatomi che erano stati originariamente ostili ai forti statunitensi stavano e diventando sempre più disperati. Vedendo la scritta sul muro, i loro leader speravano che allinearsi con gli Stati Uniti nella Guerra al Black Hawk [Falco Nero capo indiano che riunì nel 1832 varie tribù amerinde nella lotta contro le truppe statunitensi] avrebbe raccolto il favore, consentendo loro di mantenere la loro terra mentre il progetto coloniale marciava verso ovest. Invece, la povertà inflitta dalla guerra li ha costretti a vendere la loro terra rimanente nel Wisconsin, e si sono trovati trasferiti in riserve in Iowa e Nebraska. La loro esperienza non fu in alcun modo un’anomalia, ma solo la tragica ripetizione dell’operazione originaria della legge, ora vista dalla prospettiva dei vinti.
La classe operaia americana avrebbe presto seguito l’esempio. Dopo i compromessi sindacali del dopoguerra, Kenosha fu uno dei tanti in una costellazione di città industriali che vendevano il sogno americano ai lavoratori. Come le suburb e le exurb di Detroit, questo scambio è stato fatto sulla base del rifiuto delle solidarietà di classe e, in particolare, della soppressione di ogni legame tra la lotta di classe e il movimento per i diritti civili. Questa frattura fu solo ulteriormente esacerbata durante i tumultuosi anni Sessanta e Settanta. La posizione reazionaria dell’AFL riassume la debolezza della strategia democratica nell’ultimo mezzo secolo: il ritiro dalla lotta di classe è costato tutto ciò che ha cercato di proteggere. In nessun luogo questo patto catastrofico è più ovvio che a Kenosha.
Incapace di fermare l’ondata di automazione, la fabbrica di assemblaggio di auto di Kenosha è passata da 16000 lavoratori negli anni Sessanta a 6000 nel 1988, quando la Chrysler ha finalmente chiuso il negozio. Nel 2009, solo 800 lavoratori potevano fare poco più che radunare e sventolare segnali dal loro deserto di autostrade e centri commerciali, mentre i CEO di Chysler hanno intascato il salvataggio del governo e hanno posto fine a tutte le operazioni.
Non è un caso che la ribellione di George Floyd sia iniziata nel Midwest, prima di estendersi alle città costiere. La ribellione ha le sue radici tra i nipoti del movimento operaio sconfitto. È stato un incontro atteso da tempo tra persone che lottano da secoli, attivisti militanti ispirati da immagini di ribellione nazionale che sapevano di avere molto da imparare, bande che operano su tregue informali e giovani selvaggi che vivono in un tempo senza futuro.
Oltre quaranta incendi di strutture hanno fatto piovere cenere su Kenosha. L’inferno ha inghiottito parcheggi, banche, casse di assegni, saloni di bellezza, negozi di dollari, il Dipartimento di Correzione e piccoli negozi. La distruzione è stata gratuita, ma sembra lieve rispetto alla perdita della capacità di camminare e alla rimozione permanente degli organi, che è ciò che i poliziotti hanno lasciato con Jacob Blake.
La simpatia a cui hanno fatto eco alcuni imprenditori che hanno perso i loro negozi a causa degli incendi: “Brucialo venti volte se ottiene giustizia!” uno gridò – rivela l’inferno che si nasconde in bella vista. “Perché i poliziotti non sono stati in grado di fermarlo, perché i vigili del fuoco non possono spegnere tutto?” Alla fine, le rivolte rivelano solo ciò da cui la maggior parte delle persone spera di poter distogliere lo sguardo. La ricchezza che è fuggita da Kenosha ha pronunciato la sua condanna a morte molto tempo fa.
Violenza fraterna
La politica neoliberista ha svuotato Kenosha, promettendo a un piccolo sottoinsieme di lavoratori l’accesso al sogno americano mentre cannibalizza il resto. Questa verità è stata persa per i cittadini armati che sono arrivati alla vigilia del 25 agosto. Le figure spettrali che un tempo aleggiavano ai margini delle proteste americane ora si sono fatte avanti e si sono annunciate come una forza armata reazionaria.
Negli anni che hanno preceduto le elezioni del 2016, l’estrema destra ha visto una potente rinascita. Trump ha attinto a una diffusa sensazione di essere orfano della modernità, lasciato indietro e arrabbiato, ed è riuscito a riformularlo secondo linee etniche e razziali. La destra costituzionalista iniziò a mostrare una crescente simpatia per i fascisti sul cuneo delle questioni relative alla libertà di parola. Mentre questi ultimi si sono dati alle risse di strada, le milizie ThreePer sono rimaste per lo più in disparte. Ora, poiché la ribellione aveva messo in discussione la santità della legge della proprietà bianca, sono entrati nella mischia. L’appello di Facebook ai cittadini armati “per proteggere vite e proprietà” a Kenosha è stato un invito alle ansie localiste, ai LARPer [n.d.r. LARPer: Live Action Role Playing – fenomeno di massa in cui con costumi storici giovani si sfidano a fare la guerra] della milizia e a tutti i maniaci di QAnon nel raggio di cento miglia. Le formazioni politiche reazionarie e le loro espressioni di forza non sono solo il risultato della “fragilità bianca”. Sono anche la conseguenza di quegli stessi compromessi fatti dal mondo del lavoro decenni fa.
C’è una rabbia terrificante che tutti possediamo, una capacità di violenza che viene incanalata attraverso canali “legittimi” come i poliziotti e canali militari e illeciti come bande e milizie. Non è un caso che l’altra faccia di quella capacità di forza sia il principio fraterno su cui si fondano tutte queste organizzazioni. Il desiderio di un senso di appartenenza e di comunità sono, al centro, il vero motore di questa violenza: le persone uccideranno per appartenere. Detto questo, non dovrebbe sorprendere nessuno che Kyle Rittenhouse – un frequentatore delle scuole di tiro si è immerso in una crescente guerra culturale – abbia elevato il suo amore per la polizia all’omicidio di manifestanti.
Kyle Rittenhouse rappresenta l’incanalamento della disperazione suburbana attraverso la vile finzione della cultura di guerra. Mentre i democratici sono fin troppo felici di continuare la loro espulsione della classe operaia e legare i loro pony alla corsa della Silicon Valley per lasciare il pianeta, i repubblicani si sono allineati con l’industria petrolifera e dell’estrazione e vogliono solo fare soldi mentre il mondo brucia. Esagerare le differenze culturali come politiche – o anche etniche – è vantaggioso per le élite, perché se l’America dovesse fare i conti con la rovina che hanno causato, quelle centinaia di milioni di armi potrebbero trovare nuovi bersagli. Preferirebbero che commettessimo un fratricidio perché una guerra civile sinistra-destra è molto più facile da gestire rispetto alla possibilità che lasciare la loro civiltà in fase terminale e prenderci il nostro lavoro.
La cultura di guerra è un tentativo di riformulare i tremori epocali attraverso due visioni della storia americana. Secondo una di queste visioni, l’America è il leader della libertà e della democrazia le cui istituzioni sono state momentaneamente minate dalle mele marce e da un crudele multiculturalismo, il quale tiene il paese alle responsabilità del suo passato e spinge la nazione in un futuro senza tradizioni. Nell’altra visione, l’America è il crogiolo di ricche tradizioni che modellano la sua cultura attraverso la loro mescolanza e in cui l’oppressione storica può essere risolta attraverso una felice integrazione nelle sue istituzioni e nel mercato. Ognuna di queste narrazioni manca di ciò che è potente dell’America. I conservatori non possono vedere che una solida pratica di libertà è alimentata da ognuno di noi che aumenta i propri attaccamenti, si intreccia più a fondo nei mondi e che solo attraverso quei legami creiamo tradizioni per cui valga la pena lottare. I liberali non riescono a vedere che è proprio la polverizzazione delle culture da parte del mercato a creare le contraddizioni che cercano di risolvere con cinica rappresentazione. Non esiste una cultura americana, solo un vasto continente su cui prendono forma una moltitudine di forme di vita.
Governare le ostilità
Rittenhouse prefigura un futuro di conflitti armati e false narrazioni, di bambini soldato ed errori fatali. Salassi nell’entroterra con sullo sfondo di megalopoli di silicio sulle coste. Questo orizzonte promette solo la catastrofe, che si nasconde nel linguaggio del diritto. La posta in gioco non è né “autodifesa” né “omicidio”. Il vero significato del processo Rittenhouse risiede nel modo in cui inquadra e ridisegna le identità per i conflitti futuri. Cittadino o terrorista: è una distinzione a cui contribuisce ogni Tweet a metà.
Il processo supera l’aula del tribunale. Per infrangere il funzionamento della legge non basta ribellarsi all’eccesso violento dello Stato. A un livello più profondo, significa rifiutarsi di giocare al gioco delle identità buone e cattive che il governo impone, rifiutare di innamorarsi del proprio riflesso. Non è un errore che la legge distribuirà in modo non uniforme la giustizia al servizio dell’ordine regnante. Dobbiamo imparare a vedere il processo e le macchinazioni spettacolari del diritto più in generale come tecniche politiche che tessono e riparano il tessuto sociale, mentre operano direttamente sul nostro immaginario collettivo di ostilità.
Bruce Schroeder, il giudice che presiede il caso Rittenhouse, ha recentemente esclamato che “Questo non è un processo politico”. Se il politico è l’evento del confronto tra due collettività in lotta – attraverso il quale si rivelano amico e nemico e in cui la forza letale non può mai essere scontata – allora nulla è più politico di come la legge modella e definisce tali collettività come tali, e come essa li orienta ad agire politicamente. Questo processo è uno strumento per plasmare identità collettive nella farsa della cultura di guerra, e ne alimenta il fuoco.
L’esito di questo caso è probabile che vi siano più conflitti armati. I precedenti legali stabiliti e l’irregolarità della punizione renderanno le manifestazioni sempre più armate, con i partecipanti più preparati a difendersi dalla forza letale. Allo stesso modo, creerà un precedente nel contesto di un conflitto armato su come essere percepito come un cittadino piuttosto che un terrorista, perché i governi sanno di aver bisogno di entrambi. Le visioni della rivoluzione sociale vengono sostituite dalle immagini della Epurazione.
Queste narrazioni paranoiche sono espressioni di un mondo in cui la realtà del consenso è crollata. Stiamo perdendo non solo le basi epistemologiche per fondare le nostre percezioni, ma la stessa capacità di porci domande sfumate e difficili. Gli avvocati di Kyle Rittenhouse affermano che ha agito per legittima difesa. I suoi sostenitori credono a una narrazione in cui è venuto a Kenosha come un benefattore di mentalità civica, che è stato poi attaccato e ha dovuto sparare. Gli esperti di destra credono che non fosse niente di meno che un eroe che ha dato ad Antifa quello che essi dovevano ricevere. L’accusa sostiene che abbia agito in modo avventato e commesso un omicidio. I liberali e le parti della sinistra credono che Rittenhouse sia un suprematista bianco che è venuto a Kenosha per agire in base alle sue convinzioni fasciste. Ma la notte del 25 agosto, niente sembrava così chiaro. C’erano segni di ciascuna di queste narrazioni – fischietti per cani, se avevi orecchio per loro – ma la verità era oscurata da un’oscura nuvola di supposizioni e tensioni. Se eri lì, la polarità contro la polizia veniva improvvisamente deviata e il volto dell’avversario si contorceva. Dovevi guardare in una nebbia di luci lampeggianti, rabbia e uomini armati per tentare di percepire la realtà.
Rittenhouse è la fusione logica delle narrazioni liberali e conservatrici che circondano la ribellione di George Floyd, che convergevano sempre nella loro convinzione paranoica che tutto ciò che è accaduto quell’estate fosse l’atto di qualche estraneo opportunista e sinistro. Rittenhouse ha agito per legittima difesa? Forse – non me ne frega un cazzo. Ha agito senza pensare, ha ucciso due persone e ne ha ferito un’altra? Sì. Vuoi che un adolescente muoia in prigione? Non proprio, ma dio, fanculo a lui. Non lo so. La storia è una tragedia che le nostre teorie del complotto non possono gestire. La dolorosa questione etica è: sarebbe stato meglio che Kyle Rittenhouse incontrasse un giudizio quella notte, fuori dalla legge? Forse, no? Non lo so. Due persone sarebbero comunque morte. La tragedia avrebbe potuto essere sentita più chiaramente, il cosmo più equilibrato nel trauma, e forse alcune persone avrebbero riconsiderato quanti chili di carne erano disposte a sacrificare.
Polizia cittadina
In tempi cruciali durante il declino di questa civiltà, in cui lo stato rischia di perdere il controllo e la sua polizia più morbida si rivela inefficace, i governi assumeranno il ruolo di orchestratori. Ripristineranno la violenza cruda e mobiliteranno i cittadini per uccidersi a vicenda. Il nazionalismo e il dovere civile progressista saranno entrambi chiamati a scongiurare gli spauracchi. Ciascuno fornisce a coloro che desiderano una “sicurezza” antiquata, la narrativa per giustificare le proprie ansie razziali, sociali ed economiche. Qui, l’immagine della guerra civile funziona come una fantasia pornografica per ripulire la terra. In realtà, qualsiasi conflitto armato in questo paese sarà multipolare.
L’esternalizzazione della forza dallo stato al cittadino sta avvenendo in mezzo a un disfacimento accelerato degli Stati Uniti, un tessuto sociale profondamente polarizzato da questioni culturali, una pandemia che accumula corpi e il crollo del consenso globale stabilito dopo la seconda guerra mondiale. La violenza che sta arrivando, e alla quale la nostra sensibilità politica è sintonizzata dalla retorica della guerra civile, porta in sé una serie di trappole. Non è una battaglia decisiva tra libertà e fascismo, ma una parentesi tra liberalismo e governance tecnologica.
In una società democratica, la capacità di decidere sulla vita o la morte e l’eccezione alla legge è affidata alla polizia, la cui funzione economica peculiare è quella di ridurre le eccedenze di popolazione attraverso l’uccisione o l’incarcerazione. Il neoliberismo capovolge lo stato moderno. Nel frattempo, lo stato si contorce alle esigenze del progresso tecnologico. Man mano che la capacità della polizia di forza eccessiva e letale viene formalmente ridotta – sia per necessità del mercato, richieste popolari o crisi imprevedibili – sarà strutturalmente diffusa al cittadino e al settore privato. L’arcaica e irrazionale violenza razzista dei sindacati di polizia sta già iniziando a lasciare il posto alla polizia tecnicamente più sofisticata del futuro basata sui dati.
Come altre istituzioni in esubero sostituite da app, la polizia in disuso sarà sempre più incapace di svolgere la propria funzione pubblica e fungerà solo da avatar vuoto, mentre il controllo è distribuito su una serie di soluzioni private e tecnologiche. Nel futuro che la Big Tech ha in serbo per noi, la polizia funzionerà meno come una forza di occupazione militarizzata e più come un componente dell’interfaccia utente in ambienti urbani rimodellati come una rete di esperienze utente predittive e soggetta al principio di una tracciabilità generalizzata. Il futuro della polizia consisterà nell’ottenere una notifica push sul tuo cellulare che ti chieda “Sei sicuro di volerlo rubare?” Dal momento che tutto ciò che fai sarà stato catturato dall’archivio, il volto volgare del potere può essere sostituito gratuitamente con ufficiali addestrati a chiedere il tuo pronome preferito mentre ti metti in una sospensione del dolore.
La vera prova di questa epoca è come combattere e vincere una guerra diversa.
Dare e avere
Dopo il lungo 2020, la posta in gioco sembra più alta. Kenosha mi suona nell’orecchio ogni volta che sparo il mio AR. L’estate fatale ha restituito uno spettro di forza alla politica dei giornali, con la pandemia un costante promemoria della fragilità di tutto. Le linee guida in America continuano e ci siamo tutti uniti alla mischia.
C’è un futuro non così lontano in cui tutte le centinaia di milioni di armi negli Stati Uniti, tutti i nuovi negozi di armi di sinistra, tutti i LARP dei tiri al piattello e la pratica del fuoco di copertura e delle esercitazioni di combattimento ravvicinato, daranno origine a una situazione ancora più sanguinosa di quella che si è sviluppata nel 2020. Se il liberalismo al centro del possesso di armi americano continua a infettare e avvelenare la crescente cultura delle armi “di sinistra”, allora gli adolescenti disamorati simpatizzanti della sinistra potrebbero essere spinti a commettere atrocità nichilistiche simili a quella delle loro controparti 8kun. Non è questo il terreno su cui vogliamo combattere. In questo futuro, la violenza continua a essere pornografica e le questioni etiche alla base dell’uso della forza rimangono senza risposta.
Se la nostra immagine della guerra non può spezzarsi con una fantasia di annientamento, ci troveremo sempre a lottare per afferrare una tragedia da noi stessi creata. Esiste invece un mondo in cui non si fugge dalla violenza – dove i guerrieri sono chiamati alla guerra – ma dove quella disposizione verso la morte è un prolungamento della nostra celebrazione di una vita eccessiva ed esuberante? Come possiamo affrontare con sobrietà il futuro oscuro che ci attende, continuando a celebrare lo spirito del 28 maggio, la notte in cui è bruciato il Terzo Distretto?
In un certo senso, la cultura delle armi di sinistra che è cresciuta dal 2020 si concentra sulle sue debolezze politiche piuttosto che sulla forza della tecnica. Anche se è vero che “ci teniamo al sicuro”, prendere le armi cambia il tuo orientamento al mondo in modi più fondamentali della capacità di proteggere te stesso o la tua comunità. Devi convivere con la capacità della violenza, un’appendice che avrebbe dovuto essere amputata da noi molto tempo fa. Devi essere responsabile e tendere a questa capacità, esercitando la tua tecnica, pulendo e mantenendo le braccia e affinando il tuo talento. Allo stesso modo c’è qualcosa che va ben oltre il punto in cui si posiziona una museruola. Come usare una tecnica è una questione etica. Rispondere a questo in pratica ti collega a un mondo.
Questo attaccamento è il modo in cui anche le tecnologie ci usano sempre. Non abbiamo solo bisogno di aggiungere tiri al piattello e occhiali per la visione notturna al nostro repertorio per prepararci alla guerra civile, un impulso verso il quale le tecnologie che prendono la vita ci spingono. Invece, una dimora robusta nel mondo delle armi potrebbe significare anche vedere attraverso la pistola il suo altro lato: vivificante.
Lo dobbiamo alla prossima generazione insegnare questo, raccontare storie e dimostrare come imparare a tendere al nostro potere sia il risultato della gratitudine verso una terra che ci nutre. Il cacciatore lo sa, così come i consigli di guerra degli Haudenosaunee. Ciò che è nascosto dalla figura incandescente del combattente armato è la terra su cui si trova.
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